La partita non è chiusa. Registro proprio in queste ore dei segnali politici che ci inducono a essere fiduciosi». Luigi Manconi non si arrende. La partita sulla legge di cittadinanza è tutt`altro che chiusa. Dopo lo sciopero della fame a staffetta, riparte la mobilitazione: il 5, 6 e 7, riprende lo sciopero «e ci sarà una lettura del “Pinocchio” davanti a Montecitorio», annuncia il senatore.
La Camera ha detto “sì”, poi al Senato gli stessi attori politici hanno cambiato linea.
E successo davvero di tutto. Già da tempo questa proposta sarebbe potuta diventare legge, dal momento che si trova in Senato ormai da un anno e mezzo. Ci voleva convinzione e determinazione.Convinzione della ragionevolezza di questo provvedimento. E consapevolezza del fatto che risponde a una profonda istanza
di giustizia. Senza questa norma si crea una situazione per cui nel medesimo ordinamento giuridico persone che vivono nelle stesse comunità, che fanno le stesse esperienze, che adottano gli stessi stili di vita, non godono della stessa pienezza dei diritti di cittadinanza.
Che cosa è mancato?
È mancato un coraggio che definirei razionale e intelligente. Perché se pure fosse vero che si possono perdere dei voti, molti altri se ne possono conquistare. Come sempre accade in politica.
Invece…
Invece è prevalsa una sorta di sudditanza psicologica nei confronti degli umori attribuiti al corpo elettorale. Sottolineo “attribuiti” perché spesso si fanno scelte sulla base di stereotipi, luoghi comuni, pulsioni non verificate.
Quanto ha influito la rottura della trattativa Pd-Mdp per andare alleati al voto?
Penso non abbia influito in alcun modo. Perché non è con una legge condivisa che si crea l`unità fra forze frammentate per mille ragioni. D`altra parte non stiamo parlando di una legge classificabile come “di sinistra”. Essa poggia su una cultura diffusa e non “partitizzata” che tiene insieme istanze cattoliche, socialiste e liberali. Il “fine-vita” sembra avere più chance. Si va verso un calendario che vede prima la riforma del regolamento del Senato, poi il biotestamento, poi lo ius culturae. È una contrapposizione letteralmente oscena fra due diritti che giudico personalmente entrambi legittimi e degni di tutela: quello al riconoscimento della cittadinanza e quello all`autodeterminazione del paziente rispetto alle terapie.
Sulla cittadinanza è stato un continuo ondeggiare.
La proposta era stata del tutto cancellata. Se è tornata al centro della discussione pubblica è stato per la mobilitazione che si è registrata, orizzontale, decentrata e dal basso: gli stranieri di seconda generazione, l`associazionismo, i consigli comunali, i sindaci. Poi via via dai primi tre senatori si è arrivati a oltre un centinaio di parlamentari, fino a ministri con posizioni così diverse sull`immigrazione come Delrio e Minniti.
E ora come finirà?
In ultima istanza penso che i rischi perlo ius culturae dipendano dalla subalternità della classe politica rispetto a una sorta di panico elettorale sempre in agguato. I motivi di ottimismo dipendono invece dal fatto che siamo di fronte a una legge davvero ragionevolissima e conveniente, perché una popolazione straniera integrata, dunque titolare di diritti e doveri, è il principale fattore di sicurezza per l`intera collettività. Non a caso ho raccolto proprio in queste ore l`adesione molto decisa di ex ministri dell`Interno come Iervolino, Bianco, Cancellieri e Pisanu.


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