Andrea Marcucci, renzianissimo senatore del Pd, è uno degli ottantatrè democratici che ha giudicato insindacabile rorango’ rivolto da Roberto Calderoli a Cécile Kyenge. Ma è anche uno dei pochi che non sfugge alle domande.
Qual è la ratio delvoto disgiunto? La diffainazione di Calderoli è sindacabile, l`istigazione all`odio razziale no.
«Noi non eravamo d`accordo per lo sdoppiamento, anche perché in genere si segue l`indicazione della Giunta. Siamo stati a favore della diffamazione perché è giusto, ove ci sia una querela di parte».
Che non c`è, in realtà. E perché quel ‘no’ alla sindacabilità sul razzismo?
 «Sa, le valutazioni fatte dai tecnici – intendo la Giunta – sono state molto precise. Ci sono precedenti e un`analisi puntuale del quadro del parlamentare. E poi ci sono anche le precisazioni di Calderoli. Le sue scuse e gli atteggiamenti e i contatti successivi, dei quali il senatore ha reso edotta l`Aula».
La Kyenge non la pensa così. Non ha escluso l`addio al Pd.
 «Non saprei… Conosco gli atti della Giunta. C`è una cosa che un po` mi sorprende: perché non ha fatto una querela?».
Qualcuno ha ipotizzato un ricatto di Calderoli al Pd. Le risulta?
«Ah sì? Vediamo quanti emendamenti presenterà… Però questo dovete scriverlo».
 Ma parlando di orango non si è violata la dignità umana? 
«Concentratevi di più sui membri della giunta, che hanno dato una valutazione precisa. Se mi chiede della mia differenziazione del voto – e del sì sulla diffamazione – è dovuta al fatto che in questo caso i due diritti si equivalgono e non si può esimere nessuno dalla possibilità di essere chiamato in causa».
Brutta vicenda, comunque?
«Kyenge ha motivato perché non ha fatto querela. E l`accettazione delle scuse da parte sua è stata come una forte condanna politica per Calderoli. Kyenge ha volato molto più alto di lui, che ha fatto queste dichiarazioni idiote. E comunque…».
Dica.
«Io sono un ragazzo di campagna: l`avrei querelato».

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