‘Nessuna spinta innovativa dai 2 consiglieri del Pd’
Con il nuovo governo, in arrivo anche la riforma della Rai. Si pensa a una nuova governance e alla cessione di rami d`azienda. A delineare un quadro possibile è il renziano Salvatore Margiotta: «La produzione sul web dí Raínet o la trasmissione dei dati in mano a Raíway possono essere svolte da privati». E contro la lottizzazione «meglio sarebbe creare una fondazione pubblica».
Per «cambiare l`Italia»,Matteo Renzi dovrà cambiare anche la Rai. E qualche idea già ce l`ha: passa tutto attraverso il rinnovo del contratto di servizio (in scadenza nel 2016) e dei vertici aziendali, ma anche attraverso la riforma della governance e, se non una vera e propria privatizzazione, probabilmente la cessione di rami d`azienda. A delineare un quadro possibile è Salvatore Margiotta, renziano di ferro, vicepresidente della commissione di Vigilanza, nonché relatore del contratto di servizio che mercoledì sarà discusso in commissione. La partita più complessa sarà di sicuro quella che dovrebbe portare a privatizzare alcuni rami dell`azienda. Margiotta ricorda che un`idea, sebbene in nuce, Renzi l`ha avanzata anche nel suo ultimo libro: «Personalmente, sono contrario alla differenziazione tra i prodotti finanziati dalla pubblicità e quelli sostenuti dal canone, così come indicato dal centrodestra nella proposta di Antonio Catricalà. Anche l`intrattenimento fa parte della mission Rai, al pari di informazione ed educazione. Di contro, trovo assolutamente ragionevole che alcuni asset, come la produzione sul web di Rainet o la gestione della trasmissione dei dati in mano a Raiway, possano essere svolte meglio da privati». La strada, soprattutto nel secondo caso, è già stata indicata dall`Ue, quando ha disposto lo scorporo delle reti. Il criterio guida della riforma, comunque, resta la qualità del prodotto, ma modificando l`attuale modello di governance.
SCADENZA 2015
D`altra parte, la scadenza delcda nel 2015 e tutt`altro che lontana: «Non è più pensabile di avere una struttura che dipenda da un cda, un presidente e un direttore generale». Anche perché il Pd è rimasto bruciato dall`esperienza fuori dai partiti sperimentata nell`ultimo consiglio d`amministrazione: «Con Bersani si provò a svincolare le nomine dalla politica, indicando personalità della società civile, quali Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, mentre gli altri partiti seguirono un percorso tradizionale. L`effetto è stato che gli altri agiscono in nome e per conto della politica, mentre i consiglieri in quota Pd, cui toccava dare un contributo di prospettiva, francamente non mi pare che abbiano impresso alcuna spinta innovativa». Così, per uscire dalla logica della lottizzazione,«meglio sarebbe creare una fondazione pubblica con componenti al di sopra di ogni sospetto, casomai nominati dal presidente della Repubblica, e un amministratore generale che guidi materialmente l`azienda: certo,ci vorrebbe una persona alla Renzi». Tempo un anno per trovarla. Nomi? «L`attuale direttore generale Luigi Gubitosi, peresempio. Considerato che è a metà mandato, dubito che Renzilo metta in dubbio». A meno che, nel valzer delle poltrone che si prepara nelle grandi aziende pubbliche, non si faccia anche il suo nome. Un capitolo ancora tutto da scrivere, anchese dentro e fuori la Rai c`è già chi si allena a bordo campo per sostituirlo: si è fatto il nome di Antonio Campo Dall`Orto, uno degli storici consiglieri del segretario dem, come pure all`interno dell`azienda scalpitano il direttore di Rail Giovanni Leone, la direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta, come il direttore commerciale dell`azienda Luigi De Siervo e l`ad Paolo Del Brocco, entrambi di stretto rito renziano.

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