QUEL che ci vuole «non sono interventi spot ma indagini approfondite che servano a individuare i colpevoli e infliggere pene severe». Risponde così il senatore del Pd Mauro Marino ai giudici che lamentano come sia la politica che legifera la vera responsabile del lassismo nei confronti dello spaccio in via Ormea.
Senatore Marino, i giudici vi invitano a cambiare le leggi se volete più severità. Che cosa risponde?
«Il problema non sono le leggi, credo, ma il modo con cui si svolgono le indagini. Lo dico non per polemica ma per spirito costruttivo. In due occasioni, una nel 2006 per le Olimpiadi e l’altra più recentemtente per iniziativa del pm Padalino, nella zona di via Ormea si sono svolte indagini approfondite. Ricordo che ci fu una partecipazione attiva dei cittadini. Le operazioni si conclusero con l’arresto dell’intera rete di spaccio e con condanne severe, fino a dieci anni».
Quali effetti ci furono in concreto?
«Per più di un anno lo spaccio sparì dalla zona».
Lei ha sostenuto di aver presentato interrogazioni anche in Senato sullo spaccio in via Ormea. Le sembra il caso?
«In che senso, scusi?».
Il Senato non è un consiglio di quartiere. Avrà altro di cui occuparsi…
«Come senatore devo occuparmi dei problemi generali del Paese e anche dei problemi legati al mio territorio».
E chi non ha il parlamentare che vive nella casa a fianco? Come fa con lo spaccio?
 «Personalmente mi sono occupato anche di altre zone della città, come lo spaccio di corso Principe Eugenio».
Lei chiede un giro di vite in via Ormea perché facendo jogging ha incontrato gli spacciatori. Via Ormea non è mai stata sinonimo di rispetto della legalità a Torino..
«Intanto mi preme precisare che io non stavo facendo jogging ma feet-walking, una camminata veloce che è molto utile al fisico. Il fatto che San Salvano sia stato un quartiere con una fama non positiva non significa che dobbiamo accettare la situazione senza modificarla. San Salvario è il mio quartiere, sono stato anche presidente di circoscrizione».
Senatore la domanda è inevitabile: giovedì ha votato a favore o contro l’arresto del suo collega Azzollini?
«Scusi ma che cosa c’entra?».
Per via della severità delle pene: sa, il no ai domiciliari del senatore e gli anni di carcere allo spacciatore..
«Sono due questioni molto diverse, naturalmente».
Certo, lo sono. Ma come ha votato?
«Ho votato contro l’arresto di Azzolini».
Eppure le accuse erano gravi: associazione per delinquere e bancarotta. Perché lo ha fatto?
«In un primo momento ero convinto a votare a favore dell’arresto, come hanno fatto i senatori Pd in commissione. Poi ho letto le carte e mi sono convinto che le accuse nei suoi confronti sono poco chiare. Noi non dobbiamo decidere se è colpevole ma se c’è il fumus persecutionis, se hanno cercato di incastrarlo perché è un politico».
E secondo lei c’era il fumus?
«Secondo me c’era. Ho avuto l’impressione che si tratti di una faida interna alla politica pugliese».
Una vittima?
«Io ho sempre avuto grande rispetto per la magistratura. Ma anche la magistraura, come tutti può sbagliare. Lo dimostra la vicenda Tortora».
Lei ora conduce la battaglia per la mano pesante in via Ormea. Qual è il motivo che la spinge?
«Lo faccio per combattere il razzismo. Non solo quello becero ed evidente ma anche le piccole forme di razzismo che questo stato di cose induce nei cittadini meno sospettabili».
Può farci un esempio?
«Tempo fa ero in aeroporto con mia figlia piccola. Vicino a noi è arrivata una persona di colore e lei mi ha chiesto se spacciavano anche all’aeroporto. Naturalmente le ho spiegato che aveva fatto un collegamento sbagliato. Ma penso che questi episodi siano conseguenza di atteggiamenti lassisti nella lotta contro lo spaccio».

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