Claudio Martini era governatore della Toscana che regolamentò per legge le primarie. Come andò?
«La legge nacque nel 2004, a fine legislatura, come evoluzione del pensiero politico in Toscana a seguito di diversi fatti. E va inquadrata insieme ad altri due provvedimenti: la modifica della legge elettorale che ha eliminato il listino e la normativa sulla partecipazione dei cittadini. A cavallo tra due legislature possiamo dire di aver fatto tre grandi leggi».
Quale fu il contesto che vi spinse?
«Una serie di motivi diversi ma convergenti intorno a un punto: la modernizzazione del sistema che richiedeva
l`avvicinamento della politica ai cittadini. L`antefatto era un movimento di opinione contro le preferenze. Oggi ci sono punti di vista diversi: il mio è che rappresentino un ritorno all`indietro».
Dodici anni fa il cima era diverso?
«C`erano stati specifici episodi, con indagini e intercettazioni, che evidenziavano come sulle elezioni regionali si concentrassero le attenzioni dì centri di potere che volevano condizionare le attività dell`amministrazione. La maggioranza e il mio partito, i Ds, decisero di reagire».
Eliminando le preferenze? Non fu uno choc per i toscani?
«Si decise anche l`eliminazione del listino di 10 consiglieri che era il risultato di trattative tra le segreterie per assicurare posti a chi non si misurava con il vaglio del consenso. Una lottizzazione che creava malcontento. Poi, serviva un contrappeso alle preferenze e fu messa in campo la legge sulle primarie».
Le preferenze però erano previste nella legge elettorale nazionale. Nonostante l`autonomia riconosciuta alle Regioni, come si potevano rendere cogenti le primarie?
«Sul piano costituzionale Ia Regione non aveva quel potere. Sarebbe servita una norma quadro nazionale. Quel problema era al di sopra delle nostre possibilità. Abbiamo però istituzionalizzato il percorso riconoscendone, grazie a una serie di garanzie, il grande significato etico. Chi lo intraprendeva guadagnava un beneficio agli occhi dell`opinione pubblica. Poi la legge è stata abrogata e il percorso si è interrotto».
In che modo avete istituzionalizzato la procedura?
«C`era una quota di candidature di genere, un collegio dei garanti, e soprattutto la supervisione della Regione: i nostri uffici seguivano l’organizzazione, le nostre strutture ospitavano i seggi».
Non siete stati sommersi dalle proteste per l’addio alle preferenze?
«C`era una metodologia che rendeva l`evento credibile e appetibile per i cittadini. In quel contesto si potevano superare le preferenze come cultura politica che in alcuni ambienti toscani, cattolici e socialisti, era molto radicata».
L`esperienza toscana può essere un modello per regolamentare le primarie a livello nazionale?
«Sì, può essere di ispirazione se si guarda alla filosofia e al sistema complessivo dei tre provvedimenti che citavo. La legge sulla partecipazione dei cittadini, la primissima in Italia, è stata studiata in Europa. Prevede che su tutti i grandi interventi normativi, urbanistici e sociali su richiesta delle amministrazioni locali o dei cittadini avvenga una consultazione con gli elettori. Che può assumere varie forme: dialogo pubblico, meet up, referendum».


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