Intervento del Vicepresidente del Senato Valeria Fedeli al convegno Meridionali e resistenza, il contributo del Sud alla lotta di Liberazione in Piemonte tenutosi il 16 giugno presso il Teatro Carignano di Torino.
Grazie innanzitutto per l’invito e per le stimolanti riflessioni e testimonianze che avete raccolto.
Grazie al Consiglio Regionale, alla Provincia e al Comune di Torino, grazie agli Istituti della Resistenza, all’ANPI e all’Istituto storico della Resistenza in Piemonte.
Grazie anche per la preziosa opera di documentazione che avete prodotto con il volume e il DVD.
E grazie ai rappresentanti delle altre Regioni che ci hanno raccontato la storia vista dalle terre di partenza di chi oggi ricordiamo.
Ricordare la Resistenza è sempre un onore.
Chi mise in gioco la propria vita per riaffermare la libertà e la democrazia merita la nostra riconoscenza e ammirazione.
Ricordare, nello specifico, il contributo alla Resistenza piemontese dei partigiani meridionali mi pare una iniziativa di grande valore, sia in termini storici sia per il segnale di unità del Paese che torniamo a dare, oggi come allora.
Le esperienze del Nord, dove la Resistenza, con l’occupazione tedesca e la Repubblica di Salò, fu più intensa e diffusa, e quelle del Sud, dove l’arrivo degli Alleati condizionò diversamente la lotta di Liberazione, sono spesso raccontate come storie diverse e scollegate.
Credo invece che la Resistenza sia stata – come ha più volte ricordato il Presidente Napolitano – una grande lotta per la Liberazione ma anche per la riunificazione dell’Italia.
Parlando il 25 aprile del 2010, il Presidente disse: non è solo la festa della Liberazione, è anche la festa della riunificazione dell’Italia.
Napolitano ci indicava come:
“Le condizioni sono ormai mature per sbarazzare il campo dalle divisioni e incomprensioni a lungo protrattesi sulla scelta e sul valore della Resistenza, per ritrovarci in una comune consapevolezza storica della sua eredità più condivisa e duratura. Vedo in ciò una premessa importante di quel libero, lungimirante confronto e di quello sforzo di raccoglimento unitario, di cui ha bisogno oggi il paese, di cui ha bisogno oggi l’Italia.”
“Con la Resistenza – continuava il Presidente – rinacque proprio l’amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale.”
Cito queste parole perché oggi l’Italia ha ancora bisogno di quel “raccoglimento unitario” che permetta di rinnovare il sentimento nazionale.
E i tanti meridionali che si unirono alla Resistenza piemontese rappresentano proprio questo senso di riunificazione.
In Piemonte quasi 7000 meridionali, uomini e donne, perlopiù giovanissimi, parteciparono attivamente, nelle diverse formazioni partigiane, alla lotta per la Liberazione.
Chi con ruoli di comando, chi come semplice militante partigiano.
Parteciparono alla Resistenza immigrati e figli di immigrati arrivati durante il fascismo in cerca di lavoro, con la speranza di cambiare le proprie vite trovando un posto nelle fabbriche del nord.
Ma parteciparono anche molti militari del Sud che dopo l’8 settembre si trovano sbandati, abbandonati al proprio destino, lontani da casa. Così tanti che erano nelle caserme piemontesi si dispersero nelle campagne, e molti allora scelsero di entrare nelle formazioni partigiane.
Persone che ritrovarono, proprio nell’esperienza della Resistenza, il sentimento di appartenenza e solidarietà, una comunanza che molti avevano dimenticato lasciando le proprie terre d’origine.
Si faceva l’Italia, e la si faceva insieme.
Che fossero del Nord o del Sud, che fossero operai o impiegati, che fossero cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, tutti i partigiani scelsero di battersi per un solo orizzonte: l’orizzonte comune, l’Italia.
La Liberazione ha restituito agli italiani il senso pieno, positivo, partecipato di essere un solo paese, una sola comunità.
Da lì parte la costruzione della democrazia attraverso la Costituzione, e poi la ricostruzione materiale e morale del paese.
Il contributo dei meridionali, spesso poco celebrato, anche per la dispersione che seguì alla guerra, con tanti che tornarono alle famiglie e ai paesi di origine, è parte di questa ricostruzione, sia nella fase della Liberazione che alla Costituente e poi nella storia successiva della Repubblica.
Si tratta di una delle esperienze più significative di un positivo rapporto tra Nord e Sud del Paese. Un’esperienza che ha coinvolto un numero limitato di persone ma con un decisivo valore simbolico.
Certo il senso di comunità che la Resistenza aveva cementato si è poi disperso negli anni.
Oggi il nostro Paese è frammentato, preda di pulsioni particolari, schiacciato anche nelle prospettive di sviluppo da divisioni storiche – come quella tra Nord e Sud – e nuove.
Ecco perché ritengo ancor più importante ricordare e celebrare le storie di chi partecipò, senza remore e senza chiusure identitarie, alla lotta per restituire la democrazia e fondare la Repubblica.
Per non dimenticare pagine importanti di una memoria collettiva che abbiamo oggi la responsabilità di far rivivere come base per il futuro da costruire insieme.
Oggi dobbiamo saper trovare lo stesso coraggio di chi, estenuato da oppressione e violenza, scelse di lottare per un’ideale, credette alla possibilità di migliorare le cose, si trovò parte di una comunità che stava rinascendo.
Dobbiamo ritrovare in noi stessi la forza, la lucidità e la responsabilità per reagire e ritrovare la speranza. Per ricostruire le infrastrutture etiche e di uguaglianza nel paese.
Lo facciamo – ed ancora vi ringrazio – anche ricordando le storie di donne e uomini che ad un certo punto della vita hanno sentito, nella testa e nel cuore, che c’era qualcosa di importante per cui unirsi, per cui battersi, per cui rischiare la vita. Qualcosa che si chiama libertà. Qualcosa che si chiama Italia. Qualcosa che unisce Nord e Sud.
Ecco come la Liberazione diventa festa di riunificazione: c’era da far rinascere l’Italia, riunirla in una prospettiva comune, esattamente come oggi, in situazioni ovviamente assai diverse.
Ripensare al ruolo dei meridionali durante la Resistenza e poi nel complessivo percorso costituente, significa ritornare su disuguaglianze oggi ancora vive.
La riunificazione del paese non può che passare dalla riduzione degli squilibri Nord-Sud e dalla riscoperta di un comune futuro, di una solidarietà nazionale che sia orgoglio positivo e non solo necessità di sopravvivenza.
Veniamo da anni in cui si è diffuso un senso comune secondo cui il Sud è la negazione del Nord: al Nord ci sono valori positivi, economia, dinamismo, mentre al Sud solo stereotipi negativi. Lo dico essendo nata in un paese vicino Bergamo: questa è una balla colossale.
Il Sud è punto di vista estremo di una unica polarità cardinale che lo oppone al nord in una relazione di indissolubile complementarità. Senza l’uno non esiste l’altro.
Il Sud, come il Nord, come tutto il Paese, ha bisogno di un progetto, di una prospettiva da realizzare. Ha bisogno di istituzioni efficaci e trasparenti, di buone pratiche che diventino buon esempio, ha bisogno di guida responsabile, di una classe dirigente pulita, disinteressata, capace, ha bisogno di voglia di rilancio, di coraggio e determinazione, di innovazione.
È quello che ci insegna l’esempio dei partigiani, l’esempio di giovani del Sud e del Nord che combatterono fianco a fianco.
Siamo oggi di nuovo davanti ad un bivio della storia, e dobbiamo saper reagire e tornare a sfidare noi stessi.
Da una nuova idea, da una nuova consapevolezza, da una nuova prospettiva di Italia unita deve partire la nostra sfida, per tornare ad essere baricentro culturale ed economico di nuovo sviluppo.
Lo dobbiamo fare unendo le forze, valorizzando reciprocamente Nord e Sud. Smettendo di considerarli alternativi, uno la negazione dell’altro e iniziando invece a pensarci in modo più complice, con forte senso di reciproca e unitaria appartenenza alla nostra straordinaria Italia.
Ma serve anche una riscossa morale, cui deve partecipare tutto il Paese.
Il valore della Resistenza non è un ricordo storico, ma è ciò che definisce chi siamo. È un momento decisivo della nostra storia, che dobbiamo ricordare proprio per non perdere noi stessi.
Viviamo una fase storica inedita. Mai come oggi le Istituzioni faticano a conquistare la fiducia dei cittadini, sfiniti dalla crisi e rabbiosi per le risposte che non arrivano.
Il compito di rappresentare i cittadini impone oggi la necessità di abbandonare le vecchie strade che si sono rivelate senza uscita, e guardare con coraggio il campo arido e impervio che abbiamo di fronte.
Dobbiamo iniziare a tracciare nuovi percorsi, a ricostruire un senso unitario di comunità che si è perso, ripartendo anche dal superamento delle differenze tra Nord e Sud.
E sapendo fare della capacità di integrazione un elemento di forza del Paese. Vale per le differenze geografiche interne come per la capacità di accoglienza di chi viene da altri territori, sapendo riconoscere l’arricchimento complessivo che ogni comunità riceve dall’essere inclusiva e integrata.
Dobbiamo aprire una stagione nuova, per restituire la speranza ai cittadini, alle famiglie, alle lavoratrici e ai lavoratori, alle imprese.
La Resistenza è il bagaglio più grande di formazione per tante generazioni, così come è stata esperienza di crescita personale decisiva, fino anche all’estremo sacrificio, per tanti italiani, e per tante italiane.
Ricordarla, ricordarne la forza unificante, celebrare le donne e gli uomini del Sud e del Nord che lottarono insieme, è un atto di celebrazione di noi stessi, di formazione nuova di comunità, di apertura al futuro ancorata ai valori di tutti.
Grazie.

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