Signor Presidente, io ritengo che la politica oggi più che mai abbia il dovere di tenere insieme due cose: da una parte, la capacità di mediazione e, dall’altra, il coraggio e il dovere di scegliere.
Mediazione che ha un significato alto, soprattutto in questi tempi di società liquida, di indebolimento delle ragioni comuni dello stare insieme come Stato e come società. Mediazione che rappresenta uno strumento per la ricomposizione delle tante frammentarietà contrapposte. È uno strumento straordinario per la promozione e il sostegno di quella cultura, che oggi è indebolita, del rispetto e dell’ascolto delle ragioni altrui e del dovere della politica di portare a sintesi queste ragioni.
Mediazione sì, dunque, ma non mediazione che riporta indietro le lancette dei diritti acquisiti parlando di minori. Quindi, no a una mediazione che parte dal ribasso sui diritti dei bambini. E dico che in tutto questo dibattito mi ha molto colpito il fatto che si sia sviluppato quasi in modo malato, malato di adultocentrismo, di un arrogante adultocentrismo, cioè di quell’atteggiamento che pone al centro della percezione e della interpretazione del mondo, anche di quello infantile, del solo punto di vista degli adulti.
Con una conseguenza, che riguarda tutti noi, adulti incapaci di trovare soluzione ai problemi, come la questione della maternità surrogata, proponendo soluzioni che hanno, se non come volontà, come conseguenza, quella di far pagare ai bambini questa incapacità degli adulti a trovare una mediazione. Si fanno quindi mediazioni che io non accetto e che ritengo nessuno di noi dovrebbe accettare sui minori.
Il tema della maternità surrogata è un tema vero e importante, tra l’altro già normato e vietato in Italia dalla legge 40. Ma non è questa la sede. Non può essere la maternità surrogata, in questa fase, l’elemento che ci impedisce di approvare un testo che davvero tutela fino in fondo i bambini, così come tutela il diritto di amare chi si vuole. È infatti già incardinata in Commissione sanità, qui al Senato, il provvedimento che riguarda il riordino della legge n. 40. E quella è la sede dove approfondire il tema in modo serio e non così, in modo quasi raffazzonato e punitivo.
Oggi ciò che mi colpisce in questo dibattito è che i bambini vengano trattati come oggetto, facendo prevalere unicamente la supremazia di noi adulti, delle nostre convinzioni etiche e morali, dei nostri desideri. Credo sia utile a tutti noi ricordare che negli ultimi decenni si è affermata concretamente la cultura dei bambini, non come soggetti deboli da tutelare, ma come soggetti portatori di diritti e di questo principio, così come quello dell’interesse superiore del fanciullo, sono inverate le normative internazionali e nazionali.
La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo di New York, già nel preambolo stabilisce che «il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità, deve crescere in un ambiente familiare». Parla di ambiente familiare, non di tipologia di famiglia.
A chi oggi propone un unico modello di famiglia, voglio soltanto riportare un dato dell’ISTAT: negli ultimi anni la popolazione italiana è cresciuta del 10 per cento. Sapete di quanto sono aumentate le famiglie? Del 47,7 per cento. I dati parlano da soli, non c’è bisogno di interpretarli rispetto a quanto già la realtà sia di famiglie, e non soltanto di un unico tipo di famiglia.
Proseguo ricordando ancora la Convenzione dei diritti del fanciullo, che ci ricorda che in tutte le decisioni relative agli stessi ciò che deve essere preminente è l’interesse del fanciullo stesso. È doveroso per noi, se non altro per coerenza, ricordare anche la legge n. 173, approvata l’ottobre scorso, che garantisce il diritto alla continuità affettiva del fanciullo e stabilisce che in ogni decisione (in quel caso si parlava di affidamento) va tenuto conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e consolidato tra minori e adulti.
I bambini non possono e non devono essere oggetto del desiderio o del divieto degli adulti. Sono soggetti portatori di diritti acquisiti e noi non possiamo tornare indietro rispetto a quanto già acquisito. Così come non esiste il diritto degli adulti di decidere, in nome della propria personale morale, di attenuare o sospendere, per esempio, la continuità affettiva con strumenti come quelli che fanno capo ad alcuni emendamenti (penso al preaffido, per esempio) perché sono scelte che interrompono diritti acquisiti.
Io, che sono persona convinta del diritto al matrimonio e all’adozione, credo che la stepchild adoption sia una ottima mediazione e che vada approvata esattamente così come è nel testo, spostando altrove la discussione sulla legge n. 40 del 2004. Perché la stepchild adoption non è altro che uno strumento che cerca di proteggere tutte quelle bambine e quei bambini che già esistono, che già vivono all’interno di famiglie omogenitorali, già crescono e sono accuditi da due uomini o da due donne. Sono già realtà, vita concreta. Solo che, a differenza di altri bambini non sono protetti. (Applausi della senatrice Simeoni).
Dico allora ai colleghi: a cosa vi riferite quando parlate di diritto dei bambini? Così torniamo indietro rispetto a norme già esistenti di carattere nazionale e internazionale.
Vedete, colleghi, le persone gay o lesbiche, indipendentemente dal fatto che noi approviamo o meno la stepchild adoption, hanno sempre cresciuto bambini e continueranno a farlo anche ora, anche in futuro. La questione è se questi bambini verranno cresciuti avendo riconosciuti i loro diritti, con genitori in possesso dei diritti, dei benefici e delle tutele garantiti dalle unioni civili.
Parlo di minori ed unioni civili per affermare con forza che le unioni civili sono lo status legale che promuove il benessere di tutti i componenti della famiglia, conferendo alla stessa un insieme stabile di diritti e di responsabilità, che altrimenti non possono essere ottenuti.
Concludo con una piccola riflessione sulla politica stessa. Colleghi, io penso che il dibattito di questi giorni che ci ha accompagnato fin qui dimostri una profonda sfasatura tra una certa politica e la società civile, perché non esistono soltanto le piazze ma anche i dati, che abbiamo citato prima, dell’ISTAT. È proprio questa sfasatura che origina ritardi, sovrastrutture ideologiche, un clima quasi da guerra tardoreligiosa.
Noi che stiamo spesso a ragionare, ad ogni tornata elettorale, di quanto aumenti il distacco tra cittadini e istituzioni, di quanta sempre meno gente vada a votare, abbiamo la responsabilità di approvare una legge che non solo colmi un vuoto, ma soprattutto impedisca che si cancellino realtà che già esistono, che si cancelli la vita delle persone.
Se questa politica, questo legislatore, questo Stato non mi vede o non mi vuol vedere, quella politica per me diventa insignificante e anche nemica. Con questo provvedimento colmiamo anzitutto un ritardo enorme sulle unioni civili, e non stiamo inventando regole per situazioni da creare, ma stiamo dando risposte a vite vissute, che esistono da anni e che chiedono alla politica di avere la capacità di mediare, di partire da una mediazione, già profondamente avvenuta intorno al testo, e al contempo scegliere nell’interesse di tutti. Ma esso risponde anche all’interesse della politica, perché viviamo tutti l’insignificanza, in molte parti di questo Paese, della politica, e sta a noi vincere la sfida per restituire forte significanza, competenza e attrattività alla politica stessa. (Applausi dal Gruppo PD).