In Lombardia non credo sia più il tempo delle polemiche. della propaganda e del vittimismo degli assessori. Penso sia il momento di prendere atto della drammatica situazione e del fallimento di un intero sistema sanitario di fronte alla pandemia. Parlare di riaperture e inventare una polemica al giorno col governo non cambia I dati: in Lombard!a ci sono stati il 37% dei casi di contagio registrati In Italia e Il 52% del deceduti per coronavirus; Il rapporto tra contagiati e morti è stato superiore al 18% contro il dato nazionale del 13% e quello di regioni, pure colpite come il Veneto e il Lazio, che arriva al 6%. Qualcosa non ha funzionato e chi aveva la responsabilità della sanità lombarda non può pensare non sia necessario capire cosa è accaduto e perché. Se mettiamo i cittadini al primo posto bisogna sapere che i tentativi di difendere l’indifendibile non aiuta a capire e a mettere in sicurezza le nostre comunità. E’ grave non ammettere ciò che è evidente: il sistema sanitario lombardo non è stato in grado di salvare troppe vite a causa delle proprie carenze e di scelte sbagliate fatte in queste settimane e che vengono da lontano. E ancora più grave è tentare, come fanno Gallera e Fontana di scaricare le responsabilità su altri. Quei dati sulla mortalità sono figli di scelte che hanno sottovalutato le conseguenze. Prima tra tutte quella di distruggere la sanità sul territorio concentrando lo sforzo organizzativo sugli ospedali. Per questo I pronto soccorsi sono diventati l’unica possibilità per molti e le stesse strutture ospedaliere sono diventate luogo di contagio. Per questo tantissimi malati sono rimasti a casa soli e abbandonati a se stessi.
Poi c’è la questione che riguarda la tragica situazione di tante case di riposo lombarde. L’indagine del ministero ha valutato attorno al 15% il dato della mortalità nelle Rsa. Gli anziani sono le persone più esposte, per questo si dovevano mettere in sicurezza le case di riposo. Infine, è emersa una dotazione della sanità lombarda di letti in terapia intensiva inferiore non solo al fabbisogno che l’emergenza ha prodotto, ma anche rispetto ad altre regioni italiane. Nel 2013 durante i lavori della commissione d’inchiesta sullo scandalo dei finanziamenti illeciti al San Raffaele e alla Maugeri emerse che i contributi legati alle prestazioni effettuate, circa un miliardo l’anno, venivano ripartiti secondo criteri che venivano modificati per giustificare che nella ripartizione fossero favorite alcune strutture piuttosto che altre. Quei soldi dovevano servire per attrezzare la Regione a far fronte ad emergenze finanziando le realtà che avevano investito su pronto soccorsi e strumentazioni come le terapie intensive.
Ecco, forse anche qui c’è una riflessione da fare su un sistema sanitario che, da Formigoni in poi non ha saputo ripensare un modello che è stato travolto e disarmato da questa crisi.