Senatore Franco Mirabelli, lei fa parte della Commissione Parlamentare Antimafia. Cosa ci raccontano le clamorose inchieste delle scorse settimane?
Le indagini che hanno coinvolto paesi come Seregno e Senago hanno fatto emergere l’interesse della mafia, ma soprattutto della ‘ndrangheta, a penetrare nel circuito dell’economia legale attraverso le cosiddette “teste di ponte”.
Quali sono gli elementi su cui la politica dovrebbe riflettere?
Due cose emergono dall’inchiesta. La prima che sul territorio ci sono spie di allarme che si accendono e che la politica deve saper leggere per tempo. La seconda è che un’amministrazione debba attenersi alle regole.
Cosa intende?
Per esempio, a Seregno sono state fatte pressioni per delle pratiche edilizie. Un amministratore deve sapere che dietro le pressioni ci può essere la ‘ndrangheta. L’errore alla base è proprio il mancato rispetto delle regole che ha aperto la strada a tutto il resto.
Quindi è necessaria una classe politica consapevole e tempestiva?
Sì, la politica deve riconoscere i campanelli d’allarme e spezzare sul nascere i fili che possono portare gli interessi illeciti della criminalità organizzata.
Come può un amministratore locale leggere per tempo questi segnali?
Il caso di Cantù è paradossale, sono diversi gli eventi eclatanti di intimidazione avvenuti nel centro del paese, tutti sapevano ma la politica si è preoccupata della vicenda solo dopo l’inchiesta. Bisogna essere più attenti a queste situazioni.
Il consigliere regionale Mantovani, indagato, si è difeso dicendo che in campagna elettorale si stringono centinaia di mani…
LA politica deve sapere con chi parla, prima di stringere le mani di un imprenditore è bene conoscere chi è e come si comporta. Non si può far finta che il problema non ci sia.
Eppure ci sono ancora amministratori che non vogliono parlare di presenza mafiosa nel loro Comune…
La ‘ndrangheta è un problema reale, negarlo per evitare di macchiare il buon nome di un paese è sbagliato, significa negare la realtà.


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