Domenica 19 giugno si vota per il ballottaggio per scegliere il sindaco di Milano, per decidere quale città vogliamo.
Giuseppe Sala e Stefano Parisi rappresentano due idee diverse, due politiche alternative.
Abbiamo già sperimentato la città che vorrebbe riproporre Parisi, forte dei suoi alleati che sono stati protagonisti della lunga stagione di governo del centrodestra. Una stagione in cui le periferie sono state abbandonate, si è rimasti inerti di fronte alle inefficienze di Aler, di cui Lega e Forza Italia continuano a nominare i vertici, in cui sui diritti civili si sono fatti solo passi indietro, e in cui tanti problemi, dall’immigrazione alla sicurezza sono stati usati anziché gestiti e risolti: per esempio si è tanto parlato di ruspe ma non si è chiuso un solo campo (cosa che, invece, ha fatto la Giunta Pisapia).
Quelli sono stati gli anni in cui Milano ha rinunciato ad aprirsi e a giocare il proprio ruolo in Europa, si è chiusa in se stessa, in cui si è rischiato di non fare Expo per i conflitti di potere e di interesse interni al centrodestra; gli anni in cui si sono moltiplicati scandali e illegalità, in cui si è negata l’esistenza della mafia anziché combatterla; gli anni in cui la mobilità era più difficile di oggi e il trasporto pubblico meno funzionale.
Domenica 19 giugno, quindi, credo che si debba votare Beppe Sala anche per questo: per dire che Milano non vuole tornare indietro, non vuole tornare a un governo della città che specula sulle paure, usa i problemi anziché risolverli, si preoccupa di tutelare gli interessi dei soliti noti anziché pensare all’interesse generale dei cittadini.
Il ballottaggio, quindi, è decisivo per Milano, per il suo futuro.
L’eco nazionale e il valore politico che avrà e che verrà dato a quel voto è indiscutibile. Ma si vota prima di tutto per la nostra Milano, guardando al suo interesse e a quello di chi la abita.
Scegliere Sala significa non interrompere una stagione che, grazie al governo di Giuliano Pisapia, ha visto rifiorire la città, l’ha messa al riparo da scandali e malaffare, le ha restituito una dimensione internazionale, ha affrontato con determinazione problemi difficili, dal governo dell’emergenza profughi, al Seveso, alla gestione delle case del comune tolta ad Aler e affidata ad MM.
La proposta di Beppe Sala non si limita a proporsi di continuare il lavoro della giunta uscente, vuole investire sul futuro il patrimonio di credibilità e capacità di attrazione che Milano si è costruita e metterlo a disposizione delle persone, e sono ancora troppe, che sono in difficoltà. Non è un caso che le priorità, per l’ex mister Expo, siano casa e lavoro: mantenere il controllo delle società partecipate ma vendere le quote necessarie per investire in un grande progetto di intervento nelle periferie contro il degrado, entro due anni fare le manutenzioni necessarie per mettere a disposizione di chi ha bisogno tutti gli alloggi comunali lasciati vuoti, incentivare investimenti in città per creare nuove opportunità occupazionali.
Insomma, in questi 5 anni si è fatto molto ed ora bisogna andare avanti sapendo quali sono i grandi problemi ancora da risolvere e come risolverli.
Con Giuliano Pisapia, si è costruito un patrimonio di cose fatte ma anche di idee, progetti, competenze e partecipazione, che sarebbe gravissimo regalare a chi – l’abbiamo già sperimentato – è più preoccupato di usare i problemi per fare propaganda anziché risolverli e preferisce agitare fantasmi e paure anziché promuovere una convivenza fatta di azioni positive per promuovere diritti civili, doveri civici, libertà e rispetto degli altri.
Si parla spesso, in occasione dei ballottaggi, di voto utile. Credo sia evidente che quello a Beppe Sala è un voto utile per Milano, per ognuno di noi, per continuare a fare guardando al futuro, per non tornare indietro, per non disperdere un patrimonio che è di tutto il centrosinistra, che anche alcuni, come Basilio Rizzo e Marco Cappato, che si sono contrapposti a Sala al primo turno hanno però contribuito a costruire.


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