“I primi 100 giorni della Presidenza
Trump sono stati un disastro, forse i peggiori mai registrati
nella storia degli Stati Uniti. Se ne stanno rendendo conto gli
elettori americani, speriamo che prima o poi ci arrivi anche il
nostro Governo. Questo disastro è figlio innanzitutto della
guerra commerciale internazionale più stupida della storia
scatenata dall’amministrazione USA, con dazi verso tutto il mondo
calcolati a casaccio e con una totale sottovalutazione delle
conseguenze di queste scelte. Gli effetti di questa politica
demenziale stanno mettendo in discussione le prospettive di
crescita economica mondiale e la stabilità dei mercati
finanziari. In America l’introduzione dei dazi ha alimentato le
aspettative di inflazione, ha messo in ginocchio i settori della
vendita al dettaglio e dei trasporti e ha provocato un crollo
disastroso delle borse”. È quanto scrive il senatore Antonio
Misiani, responsabile economico della Segreteria nazionale del
Partito Democratico, in un intervento su “Dimensione
informazione” – mensile di economia, politica e società diretto
da Roberto Serrentino – dal titolo “Dal Governo parole vuote, non
c’è visione né strategia”.
“I rischi di recessione, lo spettro degli scaffali vuoti dei
supermercati e le turbolenze nel mercato dei titoli di Stato
americani hanno spinto l’amministrazione a cambiare strategia. La
verità è che Trump sta facendo retromarcia, perché il sovranismo
commerciale della destra non regge alla prova della realtà.
Tuttavia, molti danni ormai sono stati fatti. L’incertezza sugli
scenari dei prossimi mesi rimane altissima, e frena gli
investimenti, gli ordinativi e gli scambi commerciali. I danni
rischiano di essere pesantissimi anche per l’Italia”, aggiunge
Misiani, ricordando che “gli USA nel 2024 sono stati il secondo
mercato di sbocco per le merci italiane, assorbendo circa il 10
per cento delle nostre esportazioni totali. L’interscambio
commerciale tra gli USA e l’Italia è più che raddoppiato negli
ultimi dieci anni. Nel 2024 abbiamo esportato merci per 65
miliardi di euro e importato per 26 miliardi di euro, con un
saldo positivo per 39 miliardi. Fino al 9 luglio i dazi
rimarranno al 10 per cento. Nessuno sa cosa accadrà dopo. Nel
frattempo, da gennaio ad oggi il dollaro si è svalutato del 10
per cento”.
“Sommando i dazi e la svalutazione, il peso reale per le nostre
imprese è del 20 per cento. Se questa condizione non cambierà,
perderemo molti miliardi di euro di esportazioni e di PIL e più
di 50 mila posti di lavoro, aggravando la già difficile
situazione del nostro comparto industriale in caduta da oltre 26
mesi e, più in generale, le prospettive di crescita economica del
Paese. Di fronte a tutto questo, oggi ci aspettavamo parole
chiare: su una strategia, su un piano, su una proposta concreta
da portare avanti. In realtà il Governo è in ritardo, fa solo
propaganda e non ha la più pallida idea di come tutelare il
sistema produttivo italiano. Sarebbe necessario fare gioco di
squadra a livello europeo”, continua.
“Il Governo invece sta andando a
corrente alternata: un giorno la Meloni va da Trump (senza
ottenere nessun risultato concreto), il giorno dopo dice di stare
con l’Europa, il giorno dopo ancora partecipa a cruciali vertici
europei solo in smart working. Si stanno barcamenando
nell’illusione di poter svolgere un ruolo da “ponte”. Ma fuori
dall’Italia alla Meloni come ponte non crede nessuno. Dovremmo
diversificare i mercati per i nostri prodotti, accelerando la
ratifica di nuovi accordi commerciali a partire dal trattato con
i Paesi del Mercosur. Ma nessuno ha ancora capito cosa deciderà
il governo Meloni sul trattato Mercosur, che creerebbe tra
l’Europa e l’America del Sud l’area di libero scambio più grande
del mondo”, prosegue Misiani.
“Dovremmo predisporre un Piano per sostenere il nostro sistema
economico, come stanno facendo molti Paesi europei. La Spagna ha
reagito immediatamente attivando un Piano di risposta e rilancio
commerciale da 14 miliardi di euro. Il Governo Meloni è fermo
alla promessa del fantomatico Piano da 25 miliardi di euro,
utilizzando le risorse del PNRR e dei Fondi di coesione. Ossia
definanziando interventi già previsti, in buona parte destinati
alle aree del mezzogiorno. Ad oggi siamo ancora a carissimo amico
e il Piano Meloni è scomparso dai radar. Avremmo bisogno più che
mai di una politica industriale degna di questo nome, perché la
sfida di Trump è reindustrializzare gli Stati Uniti, a danno
innanzitutto dell’Europa e dell’Italia. Ad oggi sappiamo solo che
il Piano Transizione 5.0 è fallito. Ma per il resto siamo a zero.
Il Governo – sottolinea – non muove un dito per l’industria
mentre interviene sulle banche con una golden power su UniCredit
che non sta né in cielo né in terra. Dovremmo ragionare
strategicamente su come superare un modello di sviluppo trainato
dalle esportazioni e puntare di più sulla domanda interna. Ma
questo vorrebbe dire affrontare strutturalmente la questione
salariale, mentre il Governo o nega il problema o fa muro contro
proposte come l’introduzione del salario minimo legale”.
“Trump farà retromarcia perché si sta schiantando contro il
mondo reale. La sua guerra commerciale sta affossando l’economia
americana e sta accelerando il declino dell’Occidente. Ma il
mondo non tornerà quello di prima. La stagione della
globalizzazione è al tramonto. Andava riformata, resa più
sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. La destra la
sta rottamando, portandoci verso un mondo frammentato e
conflittuale. Se non ci attrezzeremo rapidamente, faremo la fine
dei vasi di coccio tra i vasi di ferro. Dal Governo finora
abbiamo ascoltato solo parole vuote. Non c’è una visione né una
strategia – conclude il responsabile economico della Segreteria
nazionale del Partito Democratico -. Si galleggia sperando che la
fortuna ci aiuti. È un problema molto serio per il nostro Paese”.