“La proliferazione di proposte di legge dei partiti della maggioranza sul
tema del fisco e dei salari è in gran parte propaganda, destinata a rimanere lettera
morta. Di sicuro, evidenzia che la realtà del lavoro dipendente in Italia è molto meno
rosea di come viene dipinta dalla Meloni”. Lo afferma ad Affaritaliani.it il senatore
Antonio Misiani, responsabile economico del Partito Democratico. “Il potere d’acquisto
degli stipendi rimane nettamente inferiore al livello del 2021, il lavoro povero è in
aumento e oltre tre milioni e mezzo di lavoratori hanno retribuzioni orarie inferiori
alla soglia di nove euro lordi l’ora. Il sistema fiscale ricava quasi tutto il gettito
IRPEF da dipendenti e pensionati, con un livello di iniquità nella ripartizione del
carico fiscale ormai insostenibile. Negli ultimi due anni il fiscal drag ha decurtato
pesantemente le buste paga nette, vanificando di fatto il taglio del cuneo fiscale”.
Eppure, il governo continua ad affrontare la questione salariale esclusivamente
attraverso incentivi a carico della fiscalità generale, mentre continua a fare muro
contro l’introduzione anche nel nostro Paese del salario minimo, che è in vigore in 22
Paesi su 27 dell’Unione europea. Alcuni di loro propongono il taglio IRPEF per il ceto
medio, ma sanno benissimo che non ci sono e non ci saranno le coperture per farlo. Se
la maggioranza vuole realmente fare un passo in avanti, non può limitarsi a proposte di
legge destinate a finire su un binario morto. Serve una discussione vera, di merito, in
Parlamento. E, soprattutto, servono scelte coraggiose, che mettano in discussione
interessi consolidati”. Andare a votare ai referendum dell’8 e 9 giugno è fondamentale
per dare al governo un segnale forte e chiaro sulla necessità di rimettere al centro il
lavoro, cambiando rotta. Noi abbiamo da tempo presentato le nostre proposte e siamo
pronti a fare la nostra parte. Ma solo se decideranno di passare dalle chiacchiere ai
fatti concreti”, conclude Misiani.