Per evitare una legge delega troppo ampia, la riforma dei porti deve partire dalle commissioni parlamentari. A pochi giorni dalla Festa dell`Unità di Ravenna, dedicata proprio al tema della portualità, Antonio Misiani spiega contenuti e obiettivi della Risoluzione sui porti del Partito democratico, che ha come prima firmataria la ligure Valentina Ghio, vicepresidente dei deputati del Pd e membro della commissione Trasporti.
Ma ci sono i presupposti per perché questo lavoro parta dalle commissioni?
«Sì- risponde il responsabile Economia del Partito democratico – perché un percorso che parte dalle proposte discusse dal Parlamento per poi approdare ad un disegno di legge delega è più solido. Del resto certo, i presupposti ci sono tutti: alla commissione Trasporti della Camera Pd e Fratelli d`Italia hanno presentato due mozioni che in più punti risultano convergenti. C`è quindi a mio giudizio la base per un dibattito parlamentare che possa portare un contributo di idee utile e costruttivo».
Punti convergenti peraltro ce ne sono anche con il governo: sul modello Puertos del Estado siete in sostanza d`accordo.
«In realtà è un modello che abbiamo proposto noi per primo. La nostra risoluzione insiste molto sul riordino delle competenze sparse tra le varie direzioni del ministero dei Trasporti, che serve ad affermare la centralità del governo nelle decisioni più strategiche, e all`istituzione di un braccio operativo che attui le politiche rivolte al sistema portuale. Siamo inoltre nettamente contrari a forme di federalismo differenziato in materia portuale e sosteniamo la riconferma delle Autorità di sistema portuale come enti pubblici, contro ogni ipotesi di privatizzazione, come proposto nelle settimane scorse dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani».
Sul tema lavoro, sembra che in sostanza la vostra mozione punti a confermare l`attuale impianto della legge che governa i porti.
«L`impianto va confermato, ma impedendo che alle imprese armatoriali vengano accordate le esenzioni fiscali per le attività accessorie prima o dopo la fase del trasporto marittimo. Non solo: la risoluzione mira a porre in carico alle Autorità portuali processi di aggiornamento formativo per i lavoratori dei porti, sia per un tema di sicurezza, sia perché il lavoro in banchina come è noto si sta evolvendo verso nuove forme di tecnologia. E sempre sul lavoro, sottolineiamo la necessità di assumere iniziative per incrementare la sicurezza nei porti, aprire un confronto sull`inquadramento del lavoro portuale tra quelli usuranti, l`adozione del decreto sulla regolamentazione dell`autoproduzione e adottare le misure necessarie per avviare il Fondo di incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori portuali».
Tema questo non nuovissimo.
“No, purtroppo questa è la classica vicenda italiana: il decreto legge è di fine 2021, manca ancora il decreto attuativo del ministero”.
Tra i 22 punti della Risoluzione emerge molta cura sul tema formativo. Si sottolinea la necessità di rivedere i percorsi di formazione, perché oggi, specie le compagnie di navigazione, non trovano addetti.
«E viene richiesto anche che possano essere considerati marittimi italiani le ragazze e i ragazzi che indipendentemente dalla nazionalità anagrafica abbiano conseguito diploma di scuola superiore e titoli abilitanti in Italia: in pratica una sorta di ius scholae per gli studenti extra-comunitari che oggi non possono imbarcarsi».
Domanda più politica. Ma non è che il governo sta puntando a una riforma o mini-riforma…
«…solo per mettere nei porti le sue persone?».
Beh, si tratta di un bacino di potere tradizionalmente di sinistra.
«Guardi, è vero che il centrodestra al governo ha attuato una sistematica occupazione del posti di potere, ma mi auguro proprio che non sia questo l`intendimento della riforma. Se lo fosse, noi ci batteremo perché questo non avvenga. Con il governo e la maggioranza noi vorremmo discutere e, se possibile, condividere una strategia di sviluppo per i porti, che rappresentano una infrastruttura decisiva per il nostro sistema economico»