“Le politiche industriali di cui abbiamo bisogno devono essere orientate al futuro, all’innovazione, ai settori e alle tecnologie il cui sviluppo è ostacolato dai fallimenti di mercato. Devono favorire la creazione di lavoro di qualità, stabile e quaificato. E devono andare oltre la contrapposizione Stato-mercato novecentesca per ricercare una nuova complementarità tra intervento pubblico e iniziativa privata.
Questa sfida si gioca innanzitutto a livello europeo”. Così il responsabile economico del Pd nella sua relazione alla Conferenza nazionale dell’Industria in corso di svolgimento a Torino.
“La destra spinge per rallentare o per tornare indietro. Ammorbidire gli obiettivi e i tempi del Green Deal, chiudere la fase del debito comune, restituire più spazio decisionale ai Paesi membri. È una strada che non ci porta da nessuna parte! L’Europa non deve tornare indietro. Deve cambiare marcia. Non possiamo rimanere fermi al vecchio detto “l’America innova, la Cina copia, l’Europa regolamenta”.
“Cambiare marcia – insiste Misiani – vuol dire non limitarsi a dettare regole e tempi, ma mettere in campo una vera politica industriale comune. È necessaria una politica energetica comune. È strategico, come sottolinea il rapporto Letta, completare e modernizzare il mercato unico.
Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo mettere in campo un grande volume di risorse pubbliche e private.
Il governo Meloni sta conducendo una battaglia di retroguardia. Da una parte, difende il vecchio modello economico e il blocco sociale che vuole conservarlo: no al salario minimo, una riforma fiscale che premia la rendita e colpisce le imprese più strutturate, no a qualunque riforma che aumenti la concorrenza nei mercati protetti, difesa delle rendite corporative, nessun intervento per la crescita dimensionale delle imprese.
Dall’altra, i gravi ritardi su una serie di partite importanti. Dal PNRR, al fondo automotive in mezzo al guado, fino al mancato avvio diTransizione 5.0, a nove mesi dall’annuncio.
Bisogna lavorare – conclude Misiani – su diversi versanti: la governance delle politiche industriali; gli incentivi pubblici, da riorganizzare secondo criteri di selettività; condizionalità ambientali e sociali; sostenibilità; compartecipazione al rischio di impresa; un orizzonte temporale almeno decennale; attenzione alla riduzione dei divari territoriali, a partire da quello tra centro-nord e Mezzogiorno”.