Entro il 20 settembre il governo dovrà presentare in Europa il Piano strutturale di bilancio di medio termine (Psb). Il Psb stabilirà gli obiettivi vincolanti di finanza pubblica per ridurre il peso del debito, nonché le riforme e gli investimenti da realizzare per rispondere alle difficoltà strutturali del Paese. L`orizzonte temporale sarà di sette anni. Una tempistica ben al di là della scadenza dell`attuale governo e della legislatura in corso.
Come ha giustamente sottolineato pochi giorni fa su questo giornale il presidente del Cnel Brunetta, il Piano dovrebbe diventare idealmente il cuore di un nuovo Patto sociale.
Nei prossimi anni l`Italia ha di fronte sfide particolarmente impegnative. La necessità di rilanciare la produttività e la crescita, innanzitutto. La transizione ecologica e la trasformazione digitale richiedono politiche industriali all`altezza e grandi investimenti, che dopo la fine del Pnrr solo in misura ridotta potranno essere finanziati da fondi pubblici. Uno dei nodi da affrontare nel Piano è quindi come utilizzare al meglio i (limitati) margini di finanza pubblica e come mobilitare il risparmio privato per salvaguardare la nostra vocazione manifatturiera e aiutare i processi di innovazione del sistema produttivo.
La crisi demografica mette a rischio lo sviluppo e la coesione sociale. Abbiamo bisogno di una strategia per affrontarla, dall`aumento dell`offerta di lavoro alle misure di sostegno della natalità fino ad una gestione dell`immigrazione più pragmatica e meno condizionata dall`ideologia.
Un Piano di medio termine deve occuparsi di lavoro. La crescita dell`occupazione nella fase post Covid è una buona notizia, ma i salari reali hanno recuperato solo in parte la fiammata inflazionistica del 20222023 mentre la precarietà e il lavoro povero rimangono molto diffusi, specialmente tra i giovani. Quali politiche si vogliono mettere in campo per affrontare questi problemi?
In un orizzonte di medio periodo è doveroso, infine, ripensare alcuni pilastri del nostro contratto sociale: il sistema fiscale, la sanità pubblica, l`istruzione, la previdenza.
E le risorse? Non è un destino ineluttabile che la coperta dei conti pubblici sia corta. Bisogna avere il coraggio di andare a prendere i soldi dove ci sono, dalla riduzione del tax gap ad una maggiore equità fiscale, dalla revisione della spesa fino alla riorganizzazione delle agevolazioni tributarie.
In un Paese normale, il dibattito pubblico si concentrerebbe attorno a questi nodi strategici. Per il momento, invece, si discute di tutt`altro: sgravi fiscali provvisori, anticipi pensionistici irrealizzabili, la proroga di questo o quel bonus.
Del Piano, nessuno sa nulla e quasi nessuno parla. La traiettoria di riferimento trasmessa dalla Commissione Ue non è stata resa pubblica, nonostante le nostre sollecitazioni.
Nessuna forma di consultazione preventiva è stata prevista con l`opposizione, le parti sociali, le autonomie territoriali.
Tutto fa pensare che il ministro Giorgetti punti a fare ratificare il Psb dal Parlamento in pochi giorni e a scatola chiusa.
È un approccio del tutto inadeguato, che rischia di far perdere al Paese un`occasione preziosa. Il Piano non è una Nadef qualunque. Quello che verrà scritto nel Psb, gli obiettivi di finanza pubblica e i contenuti programmatici, condizioneranno gran parte delle scelte di politica economica e sociale dei prossimi anni. Le scelte di questo governo ma anche di quelli successivi. Per questo, è necessario un percorso di confronto all`altezza.


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