Ai mercati, per ora, la manovra di Giorgia Meloni piace. E piace anche alle agenzie di rating, come dimostra la sostanziale e non scontata promozione arrivata da Standard&Poor’s, due settimane fa. Resta da attendere il giudizio dell’Europa, forse quello più importante dal punto di vista politico e delle altre due agenzie, Moody’s e Fitch. Eppure, il grande problema di fondo, quel debito pubblico che ipoteca da trent’anni la crescita, non è risolto.

Lo ha ammesso, a scanso di doppi sensi, lo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti pochi giorni fa. Per questo, dice a Formiche.net l’ex viceministro dell’Economia nel governo Conte, oggi senatore dem, vicepresidente della commissione Bilancio e responsabile economia del Nazareno, Antonio Misiani, si poteva fare di meglio. E non solo sul debito.

Il governo poteva e doveva fare di più sulla manovra?

Assolutamente sì. A partire dal potere di acquisto delle famiglie. L’esecutivo ha prorogato il taglio del cuneo fiscale ma lo ha fatto solo per un anno. Per il resto, è tutto fermo. Si continua a fare melina sul salario minimo, che esiste in 22 Paesi in Europa su 27 e in Italia aiuterebbe oltre 3 milioni di lavoratori a costo zero per lo Stato. Il governo si disinteressa del rinnovo dei contratti nazionali di lavoro scaduti, che potrebbe essere accelerato con alcune misure mirate. Nella manovra non c’è niente per 5 milioni di famiglie che vivono in affitto, mentre buona parte dei canoni sono indicizzati all’inflazione e pesano sempre di più sui redditi delle famiglie. Non c’è traccia nemmeno di altre misure a costo zero che il Pd sta perorando da diverso tempo.

Per esempio?

Guardiamo al passaggio al mercato libero per la luce e il gas, che riguarda non meno di dieci milioni di famiglie. La proroga della maggior tutela del mercato per il momento non è prevista e questo vuol dire che milioni di nuclei rischiano una stangata, visto che i prezzi del mercato libero sono il doppio di quelli del regime di maggior tutela. Attenzione, anche in questo caso parliamo di una misura a costo zero, che non impatta sui conti pubblici. Sul carovita, l’esecutivo si è limitato a prorogare solo per il 2024 il taglio del cuneo fiscale (tredicesime escluse) e a finanziare qualche altra misura sparsa. Non è sufficiente. La vuole la verità?

Siamo qui per questo.

Il governo si lamenta di una coperta troppo corta, ma in un anno non ha fatto nulla per allungarla. Niente contro l’evasione fiscale, anzi 14 condoni in meno di 12 mesi. Revisione della spesa? Manco a parlarne, solo tagli ai fondi contro la povertà e all’indicizzazione delle pensioni. E ora che sono in braghe di tela, buttano oltre quattro miliardi per una riforma Irpef sbagliata, impercettibile e anche in questo caso per un solo anno. La coperta è sicuramente corta. Il problema è che la stanno tirando dalla parte sbagliata.

Molte critiche sono arrivate anche per quanto riguarda il finanziamento della sanità.

E a buon vedere, se mi permette. I soldi stanziati sono meno di quanto chiedevano sia il ministro Schillaci che le regioni, che sono quasi tutte governate dalla destra. Il risultato è che nel 2024 la quota di spesa sanitaria sul Pil si ridurrà ulteriormente. Ma c’è anche un altro punto su cui si poteva fare di meglio e molto.

Ovvero?

Penso agli investimenti per la crescita. Per le imprese nella manovra non c’è quasi nulla, lo ha detto anche la Confindustria. Servirebbe un pacchetto di incentivi per potenziare il programma Transizione 4.0 e servirebbe anche spendere meglio i soldi per gli investimenti pubblici. Davvero il Ponte sullo Stretto è la priorità? Secondo noi no. Perché non utilizzare i 12 miliardi previsti per il ponte per finanziare un grande piano casa, per la realizzazione di centinaia di migliaia di alloggi? E non è solo un discorso sociale, ma industriale: sa quante imprese in tutto il Paese trarrebbero giovamento da un piano di investimenti per l’edilizia residenziale popolare?

Tra pochi giorni l’Europa darà una sua prima valutazione. Che cosa dobbiamo aspettarci?

Io tifo Italia, sempre. Mi auguro che ci sia il via libera della Commissione europea e delle agenzie di rating. Detto questo l’Ue giudica i saldi, non il contenuto della manovra. A parità di saldi, si poteva e si doveva fare molto meglio.

I mercati, però, hanno già detto la loro. Lo spread non è salito molto.

A dire il vero è risalito verso quota 200. Detto questo, mi pare che il giudizio che conti di più sia quello degli italiani, che non credo saranno molto contenti.

Il ministro Giorgetti si è più volte detto preoccupato per il debito pubblico, che anche il prossimo alto rimarrà su livelli sostenibili ma comunque importanti. La traiettoria discendente è lontana?

Quella delineata dal governo è discendente per modo di dire, siamo appesi a un punto di Pil di privatizzazioni programmato nei prossimi tre anni. Se queste dismissioni non si faranno, il rapporto debito-Pil tornerà a salire. Cosa vogliono vendere, nessuno lo ha capito. Il rischio è che si comprometta il ruolo dello Stato nelle politiche industriali. Vede, tutto questo denota la fragilità, profonda, di questa manovra. Fatta di numeri scritti sulla sabbia.


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