Signora Presidente, nell’intervenire in questo dibattito vorrei esprimere un disagio che motiverò nei minuti che ho a disposizione. Proprio per questo, voglio premettere che voterò a favore di questo provvedimento e non per disciplina di partito, ma perché sono convinto che siano necessari una regolamentazione e un riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali ed eterosessuali che intendano accedere al nuovo istituto che penso approveremo la prossima settimana.
Esprimo disagio perché considero le espressioni, le qualificazioni e le liquidazioni sbrigative di ogni voce di dissenso su un provvedimento presentato già come mediazione, nel corso del dibattito e del confronto, espresso come un elemento di grave preoccupazione e perplessità, anche e soprattutto perché reso in un campo nel quale immaginavo che la comune militanza politica potesse portare ad un maggiore rispetto reciproco. Ma vedo che purtroppo – ahimè – così non è stato.
Rivendico una tale posizione non perché oggi penso sia utile e necessaria – e siamo anche in ritardo – questa regolamentazione, ma perché ho anche un trascorso personale da questo punto di vista. Dieci anni fa sono stato primo firmatario di una proposta di legge presentata al Consiglio regionale del Lazio per riconoscere gli stessi diritti riservati alle famiglie disagiate a tutte le convivenze di fatto, anche di persone dello stesso sesso, che si trovassero nelle medesime condizioni.
L’ordinamento regionale mi consentiva solo il presupposto di fatto per far scaturire dei diritti. Oggi, nella sede del Parlamento nazionale noi facciamo un passo avanti e riconosciamo un nuovo istituto giuridico da cui discendono diritti e doveri per le persone che si trovano nella condizione prevista nell’elaborato normativo.
Tuttavia, ascoltare interventi di colleghi che dicono che questa proposta di legge rappresenta già una mediazione massima rispetto alle proprie convinzioni è legittimo. Ascoltarlo dal primo intervento della collega Cirinnà non lo trovo corretto e per un semplice motivo: non si può dire che questo testo rappresenta la mediazione massima possibile quando su di esso solo oggi ci confrontiamo tutti come Gruppo, perché è quello scaturito dalla maggioranza espressa nella Commissione giustizia. Infatti, affermare qui di essere a favore del matrimonio delle coppie omosessuali e che, presentando questo disegno di legge sulle unioni civili, si fa già il massimo della mediazione, non è – mi dispiace – un’impostazione corretta. La Corte costituzionale, infatti, ha sancito molto chiaramente, con la sentenza n.138 del 2010, che c’è una necessità di tutela e di riconoscimento di pieni diritti, ma non può essere utilizzato l’istituto del matrimonio. E nelle considerazioni in diritto della sentenza, ciò viene indicato in maniera molto chiara.
Allora non si può sostenere che una propria convinzione personale, legittima e responsabile, rappresenti il punto rispetto al quale si media, ma che non è riconosciuto nel nostro ordinamento costituzionale. Allora, si cambi prima la Costituzione, e poi si potrà fare un’affermazione del genere, che viene resa dal primo firmatario di un testo sul quale oggi ci confrontiamo.
Provo che, da questo punto di vista, sia stato fatto un errore che, solo negli ultimi giorni, si è tentato di correggere. Il clima di divisione, l’aver rievocato una serie di fantasmi e l’utilizzo di termini che pensavo fossero superati, almeno tra noi, mi fanno trovare questo dibattito datato, anche se fosse retrodatato a trent’anni fa. Ma oggi è questo ciò con cui ci confrontiamo. Sarebbe stato, invece, più utile valorizzare il fatto che siamo tutti d’accordo nel riconoscere la necessità di approvare, e in tempi più brevi possibili, il nuovo istituto delle unioni civili. (Applausi del senatore Di Biagio).
Non è possibile poi fare un’obiezione, che questa trova immediatamente una demonizzazione, perché si dice, venendo magari messi all’indice su qualche sito, che, se si hanno obiezioni sulle adozioni, si vuole far saltare la legge.
Rispetto alle motivazioni poste dai colleghi sul tema delle adozioni, faccio rilevare che, per quanto riguarda i figli già nati, ai quali si dice che si vuole dare tutela e che non è possibile fare discriminazioni, esiste già la legge sulle adozioni speciali. Grazie all’articolo 44, lettera d), della suddetta legge, ormai la giurisprudenza di merito ha esteso in via interpretativa la possibilità di adottare anche al convivente del genitore naturale, quando anche fosse dello stesso sesso. (Applausi del senatore Di Biagio). Quindi, per le persone e i minori già nati, esiste già una tutela.
Introdurre in via indiretta, con l’articolo 3 del disegno di legge, o esplicitamente con l’articolo 5, l’istituto della stepchild adoption, significa fare un passo in avanti nel nostro ordinamento per consentire di procurarsi un figlio e poterlo adottare, nonostante la legge n. 40 del 2004 lo preveda come reato, utilizzando la maternità surrogata.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MOSCARDELLI (PD). Ancora un minuto, signora Presidente.
PRESIDENTE. Veramente gliene ho già concessi altri due.
MOSCARDELLI (PD). Da questo punto di vista, aver ascoltato che ci sono Paesi che hanno una civiltà giuridica avanzata perché consentono la maternità surrogata mi fa pensare che siamo davvero fuori linea.
Sul tema delle adozioni si deve fare un discorso più approfondito, a parte: il desiderio di genitorialità è legittimo, ma esiste un diritto da tutelare, che è quello dei figli minori; la pratica della maternità surrogata deve essere combattuta e contrastata. E si è dimostrato insufficiente averla prevista come reato solo se compiuta in Italia, come previsto dalla legge n. 40 del 2004. Da questo punto di vista faremo bene a fare uno stralcio o a intervenire normativamente, perché questa pratica venga davvero contrastata. Altrimenti, andiamo su una deriva dove il desiderio individuale diventa unico soggetto e unico elemento di giudizio, calpestando i diritti dei più deboli, quelli dei fanciulli e delle donne che vengono sfruttate da chi ha soldi, dalle coppie omosessuali o eterosessuali che possono spendere 100.000 euro, o di più, per procurarsi un figlio.
Questo è assolutamente da rigettare. Il sostegno a tale posizione non può essere demonizzato, come purtroppo ho sentito fare in interventi di alcuni colleghi. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Di Biagio).