CARO DIRETTORE, entro metà aprile il governo deve presentare le liste per i consigli di Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Poste. Sarà il primo, serio banco di prova per Matteo Renzi sul fronte del potere. Eni ed Enel hanno capi suggeriti dai power broker Gianni Letta e Luigi Bisignani e nominati da Silvio Berlusconi nel quadro di operazioni discusse come la cessione di Wind e gli investimenti in Russia. Chi nel centro-sinistra usasse i soli occhiali della politica politicante non avrebbe bisogno di altro per opporre il pollice verso alle auto candidature di Paolo Scaroni e Fulvio Conti per un quarto mandato all`Eni e all`Enel. Ma sarebbe un errore. La selezione dei vertici di queste imprese esige un metodo nuovo, liberato sia dallo spoil system, inadatto nelle società quotate, sia dalle lobby affaristico-manageriali. Ricorrere ai cacciatori di teste può aiutare, ma non libera l`azionista dalla responsabilità della scelta delle persone. Che presuppone un`idea di quel che si vuole dalle imprese.
NEGLI ANNI NOVANTA, il centrosinistra chiese alle aziende pubbliche di creare valore per gli azionisti e abbandonò la politica industriale; credeva bastasse liberalizzare i mercati. Con Berlusconi, la teoria è rimasta tale e quale. Certo, avremmo molto da ridire sulla pratica della concorrenza all`italiana e sul suo contrappunto di mance corporative, non di rado bipartigiane. Ma tant`è. Ora, in un Paese normale, il governo dovrebbe misurare le prestazioni dei capi azienda uscenti in relazione al mandato ricevuto e stabilire i nuovi mandati ai quali ispirare le liste. CHE COSA VUOL DIRE MISURARE?
La risposta è meno scontata di quanto si pensi. Anzitutto, andrebbe verificato il ritorno per i soci (dividendi più variazione delle quotazioni del titolo) in relazione non solo alle imprese comparabili, ma anche e soprattutto alle gestioni precedenti tenendo conto del contesto regolatorio e dei prezzi delle materie prime. Ma i dividendi dipendono dall`utile, e c`è utile e utile. Se l`utile deriva in misura sensibile dalla cessione di partecipazioni, la qualità delle prestazioni è meno buona di quella apparente. Vanno poi confrontati i perimetri d`attività dei gruppi all`inizio e alla fine dei mandati e va soppesato lo stato patrimoniale di ciascuno quanto agli avviamenti pagati, non sempre giustificabili, e ai debiti che li hanno finanziati, non sempre assennati. Molti, in questi anni, sono stati gli affari: alcuni buoni, altri pessimi, tutti da capire. Radicali novità hanno modificato gli equilibri globali, specialmente nell`energia e nella difesa. I nostri campioni parastatali li hanno capiti per tempo? Hanno reagito bene? Chi si occupa di nomine dovrebbe coltivare ii dubbio metodico e la memoria se vuole costruire il futuro. E curarsi di tre dettagli.
PRIMO DETTAGLIO, le spese per le relazioni esterne, attraverso le quali i gerenti possono procurarsi il consenso. L`azionista Stato sa quel che dovrebbe? Temo di no. Secondo, i compensi. L`azionista Stato si è fatto un`idea sua paragonandoli ai risultati e, poniamo, agli esempi francesi? Di nuovo, temo di no.
Terzo dettaglio, i conflitti d`interesse. Dopo aver visto tanti sepolcri imbiancati piangere sugli incarichi del dottor Mastrapasqua, senza fare due conti sull`Inps di ieri e di oggi, mi chiedo se il ministero dell`Economia abbia mai autorizzato il capo dell`Eni a sedere nel consiglio delle Generali, presiedendone il comitato remunerazioni, e il capo dell`Enel a sedere nel consiglio di Rcs Mediagroup che pubblica il ‘Corriere’, entrambi designati da Mediobanca, fornitrice di finanza a entrambe le aziende pubbliche. Temo che il ministro non sia stato nemmeno informato. Senatore del Pd

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