Caspita, che cambio di passo all`Ilva! Avevamo per commissario un manager industriale, terrore delle banche (Parmalat), terrore dei «padroni furbacchioni» (Riva, inquisiti perinquinamento e sottrazione di risorse). Si chiamava Enrico Bondi.
Ora, il governo lo manda via perché inviso ai Riva, alle banche, ai concorrenti dell`Ilva, il cui parere in conflitto d`interessi prende per oro colato. E chi mette al posto del rude Bondi, reo di osservare alla lettera la legge?
 Il governo sceglie il commercialista personale di Guidalberto Guidi, padre di Federica, ministro dello Sviluppo economico. Il suo nome è Piero Gnudi. Chi lo conosce fatica a vederlo girare per gli stabilimenti con le pedule, il giaccone e il casco del siderurgico come faceva quel Clint Eastwood d`Arezzo che risponde al nome di Bondi. Gnudi è uomo di relazioni, di consigli di amministrazione e collegi sindacali. Ha fatto il ministro del Turismo e ora è il primo consigliere di Federica. Questo nuovo che avanza ha 76 anni e non sa nulla di altoforni e forni elettrici, cockerie, agglomerati e pre ridotto, di treni di laminazione, nastri trasportatori e parchi minerari. Ora, il decreto Ilva ha due priorità: ambiente e occupazione, ossia continuità produttiva. Ci vogliono 4,1 miliardi, parte come capitale, parte presi in prestito. La proprietà rimane ai Riva, mentre i diritti a questa connessi sono trasferiti al Commissario. Che dovrebbe interloquire in via ordinaria con il custode giudiziale delle azioni, non con gli azionisti. A questi, tuttavia, il Commissario presenta il piano industriale, che contiene le prescrizioni dell`AIA, e può chiedere aumenti di capitale. In caso di rifiuto, il Commissario può rivolgersi a terzi ovvero accedere ai fondi sequestrati dalla magistratura, 1,9 miliardi. Quest`ultimo punto sarà pure discutibile, ma è legge.
D`altra parte, i fondi sequestrati vanno al FUG (Fondo unico per la Giustizia) che li amministra. E dunque li potrebbe usare per un finanziamento analogo a quello del Tesoro Usa alla Chrysler, meglio se assistito da garanzia pubblica. Ricordiamoci dell`Alitalia, fallita molto più dell`Ilva, e dell`intervento delle Poste e delle banche. Ma questo è il Paese dell`economia di relazione, che viene rottamata solo quando riguarda le relazioni degli altri. Dunque ciò che si può fare con squilli di tromba per l`Alitalia, diventa impossibile per l`Ilva. Federica Guidi considera un esproprio proletario il decreto Ilva. Ne ha pieno diritto. Ma da ministro ha il dovere di applicare le leggi, nella lettera e nello spirito, fino a quando non le ha cambiate. Non ha il diritto di aggirarle. Adesso c`è il piano Bondi. Redatto con la consulenza di Mc Kinsey. E ci sono talune riserve della Roland Berger, consulente delle banche. Che ne pensa il governo? Gnudi ha l`incarico di scrivere un altro piano o un piano non serve più? Immagino che governo e Commissario partano dal presupposto che i consulenti attaccano l`asino dove vuole il cliente. Dunque, nè Mc Kinsey nè Roland Berger consegnano vangeli capaci di esonerare Renzi e Guidi dalle loro responsabilità. Gnudi, sento dire, avrà funzioni di garanzia. Ma garanzia di che cosa e per chi? Di un`Ilva che non dia fastidio a nessuno? Per un gruppo di famiglie? Per le banche? Per Arcelor Mittal con cui i contatti sono in corso da due mesi? O sarà Piero Gnudi un garante dell`innovazione, della trasparenza, della coerenza e della solidarietà?
Non si capisce, per cominciare, se Palazzo Chigi si senta o meno responsabile della lentezza con cui il ministero dell`Ambiente ha approvato l`AIA, presupposto del piano industriale, soltanto a maggio, a meno di un mese dalla scadenza del mandato di Bondi. Ma non si capisce nemmeno se le fresche prescrizioni dell’AIA debbano essere davvero applicate o se dove vuolsi ciò che si puote si sia cambiato idea? Se si è cambiata idea, è per venire incontro ad Arcelor Mittal? E quale sarà la reazione della magistratura tarantina se il governo abbassasse l`asticella ambientale riscrivendo il decreto Ilva? Ma c`è dell`altro da chiedere al governo e da chiedersi in Parlamento. Taranto deve restare Taranto e puntare a produrre 9-10 milioni di tonnellate o qualcuno adesso è pronto a dimezzarla (e a procedere a licenziamenti di massa) per avere meno oneri ambientali? Le tecnologie dovranno essere quelle storiche, sulle quali hanno investito i concorrenti europei, o l`Ilva potrà innovare con il ‘preridotto’? Il presidente di Federacciai è contrario alla novità. Il dottor Gozzi è un imprenditore autorevole. Ma mica gestisce altoforni. La sua Duferco lavora con il rottame di ferro e fa trading. La tecnologia del preridotto in Italia viene prodotta e venduta da Danieli e da Techint con successo negli Usa e nei Paesi arabi dove il gas costa poco. A prima vista, in Italia non sembra conveniente. Ma il ministero dello Sviluppo economico non può pronunciare un no definitivo orecchiando, senza presentare uno studio serio che consideri i costi di produzione al netto dei sussidi esistenti e di quelli che si andranno a stabilire nel quadro delle politiche ambientali contro le emissioni nocive, dalla carbon tax in giù.
 Fuori dai denti: Piero Gnudi è stato chiamato a fare da notaio per un accordo già preso con Arcelor Mittal (i cosiddetti partner italiani, tranne i Riva, sono in bolletta, e dunque non sarebbe serio considerarli più di tanto)? Oppure può ancora promuovere la ricerca della soluzione migliore che potrebbe venire anche da altri (faccio un nome a caso, dal gruppo cinese Jindal) che abbiano interesse a fare dell`Ilva l`avamposto della loro crescita globale e non una provincia da annettere a un impero da ridimensionare perché ormai troppo grande (l`Europa, Mittal in primis, conta acciaierie in eccesso per 23 milioni di tonnellate annue)? Serve un po` di tempo per non dover decidere sotto la minaccia di un fallimento dovuto, soprattutto, alle incertezze della politica sulla cornice normativa del commissariamento. Serve dunque un prestito ponte come si è fatto per Alitalia. Va riscoperto lo spirito con cui si è affrontata l`Electrolux. Se proprio non si vogliono toccare i soldi dei Riva, tramite il Fug, si chieda alla Cassa depositi e prestiti di effettuare questo prestito provvisorio e il Tesoro dia la garanzia. I blitz si fanno in Borsa. Non in una delle maggiori imprese italiane che oggi non vale quasi nulla ma che, a risanamento finito, potrà avere un enterpricevalue di almeno 5 miliardi dando lavoro a 15-20 mila persone tra dirette e indirette esplorando le nuove frontiere dell`acciaio.

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