Scrive Luigi Zingales: non cambiamo le regole. Ma è l’unico modo per finirla con le scatole cinesi. E tutelare il risparmio
Caro direttore, Luigi Zingales, consigliere di Telecom Italia, stronca la riforma dell`Opa obbligatoria avviata dal Senato (‘l`Espresso’, n. 44) e lo stupore mi assale: possibile che l`autore di ‘Salvare il capitalismo dai capitalisti’ si ritrovi sulla stessa barricata di banchieri come Nagel, Bazoli, Galateri e Geronzi? Ma tanto non basta per liquidare le critiche di una persona intelligente. 
SOSTIENE ZINGALES costringere all`Opa totalitaria chi acquisisca il controllo di fatto di una società quotata con una partecipazione inferiore al 30 per cento (la soglia unica attuale) mi starebbe bene come rappresentante dei piccoli azionisti di Telecom, ma in generale bene non mi sta per tre motivi. Primo: il concetto di controllo di fatto è vago, e dunque la Consob acquisirebbe troppo potere. Ma come? Non invidiavamo tutti la Sec americana? Non posso credere che, al dunque, si preferisca una burocrazia di passacarte. Controllare il molto con il poco, grazie alle scatole cinesi, è la più nota specialità di lor signori. I quali lo confessano serenamente nei bilanci. Ora, la Consob dovrebbe verificare chi, da solo o in concerto con altri, abbia nominato, in almeno due assemblee ordinarie consecutive, un numero di amministratori tale da avere la maggioranza deliberante negli organi sociali. Dov`è l`eccesso di potere? I lettori coglieranno poi una singolare omissione. Zingales trascura la circostanza che la nozione dí controllo di fatto è alla base del golden power con cui il governo protegge l`interesse nazionale nelle comunicazioni. Di grazia, a quale titolo palazzo Chigi ha ricevuto Cesar Aliena se non nella sua qualità di azionista di controllo in pectore di Telecom Italia? La Consob potrebbe dunque accertare ìl controllo di fatto ai fini del golden Scrive Luigi Zingales: non cambiamo le regole. Ma è l`unico modo per finirla con le scatole cinesi. E tutelare davvero il risparmio power ma non ai fini dell`Opa sulla base dello stesso 22,4 per cento. Strepitoso.
Secondo punto. Zingales dice: se ci vogliono due assemblee per le nomine allo scopo di accertare il controllo di fatto, passeranno in media quattro armi e mezzo prima che l`acquirente debba lanciare l`Opa! Ma se prima di impugnare la matita blu avesse finito di leggere la riforma proposta, l`economista di Chicago avrebbe scoperto che, entro un mese dall`introduzione della norma,la Consob dovrebbe redigere l`elenco delle situazioni di controllo già esistenti sotto il 30 per cento. Al variare delle quali, in seguito ad acquisti, scatterebbe l`obbligo dell`Opa. Dove sarà mai la discrezionalità ex post?
 LA RIFORMA DELL`OPA obbligatoria – e questa è la terza critica – ingessa il mercato del controllo. Un po` è vero. Lo ammetto. Se dovessero estendere a tutti gli azionisti il trattamento concesso ai ‘furbi che comandano con i soldi degli stolti’ (Luigi Einaudi), i capitalisti senza capitali o i capitalisti troppo avidi rinuncerebbero a talune acquisizioni. E con ciò? Sarebbe davvero una gran perdita? La normativa in vigore rende comodi questi passaggi del controllo dentro le scatole cinesi. Zingales la difende. Se- condo lui, quante più acquisizioni si fanno tanto meglio sarebbe per tutti. Secondo me, invece, non è scontato che chi compra sia meglio di chi vende e, soprattutto, che chi compra sia un buon samaritano in cerca di imprese malmesse da rilanciare. Qualche volta accade, qualche altra no. Anzi, negli ultimi vent`anni, il capitale finanziario è andato alla conquista di imprese da spolpare. Telecom Italia, giunta al suo quinto cambio del controllo in 15 anni, parla da sé. Idem la Fiat. Gli Agnelli sono da tempo una proprietà debole, spesso insipiente nelle strategie industriali, eppure non vedo falangi di investitori virtuosi pronti a risolvere il problema dell`industria automobilistica in Italia.
CERTO, LE COMPRAVENDITE di pacchetti di controllo arricchiscono il mercato finanziario e i professionisti che vi operano. Ma una tale utilità marginale deve avere la precedenza sulla tutela del risparmio, prevista dalla Costituzione? Zingales infine ritiene che il regolamento Consob dei rapporti tra parti correlate sia l`arma giusta per impedire ai furbi, di cui sopra, di spogliare le controllate de facto. Giusta, dico io, ma non sufficiente. Se i suoi colleghi di Telecom interpreteranno diversamente il regolamento, per esempio su Tim Brasa, che farà Zíngales? A suo tempo non riuscì non dico nel nobile intento di far promuovere un`azione di responsabilità contro gli spioni di Telecom e i loro mandanti, ma nemmeno a far acquisire dal consiglio il rapporto Deloitte sulle spiate. E poi le scatole cinesi servono al furbo, in questo caso a Telefonica, per orientare con minima spesa pro domo sua le scelte strategiche di Telecom nell`ossequio dei regolamenti. E così, ahimè, torno al mio stupore iniziale: il bravo professore, gli astuti banchieri.

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