Lo scandalo in Rai non sono tanto gli alti salari quanto la modestia di taluni dirigenti, la lottizzazione delle nomine e i tremila dipendenti in eccesso». Massimo Mucchetti, senatore del Pd e presidente della commissione Industria del Senato, dice la sua sulla polemica scoppiata attorno agli emolumenti dei dirigenti di viale Mazzini.

Questa operazione trasparenza corrisponde a logiche di mercato?
«Nessuna logica di mercato. La Rai adotta il tetto dei 240 mila curo lordi ai salari all`ultimo momento utile per osservare la legge».
A questo punto cosa dovrebbe fare il Pd?
«Decidere se promuovere una rivoluzione in Rai o se inseguire il populismo pentastellato. La trasparenza, tra l`altro, si servirebbe meglio mettendo on line i compensi delle star e i relativi costi di produzione in relazione all`audience. Non per farne la chiave di volta dei palinsesti, perché allora dovremmo mandare in onda solo serie americane, ma per avere un`idea di dove stanno gli sprechi veri in relazione alla missione aziendale».
Lei auspicava la privatizzazione della Rai, Sempre convinto?
«L`informazione e la cultura dell`audiovisivo hanno ancora bisogno di un servizio pubblico non asservito al governo e ai poteri economici, che viva del solo canone. Ma per questo non serve il carrozzone di oggi. Due o
tre piattaforme con il giusto personale, reti e programmi dovrebbero essere attribuite a una società separata dalla Rai e finanziata con la sola pubblicità, la quale, dopo un rodaggio, andrebbe messa all`asta o collocata in Borsa per intero. Prodi e D`Alema ci provarono e furono fermati dal “partito Rai” sostenuto da Mediaset. E Renzi?».


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