‘Confesso un notevole imbarazzo ad intervenire in questa discussione, perché mi pare di dover commentare il progetto di costruzione di un edifico che inizia dal tetto, anziché dalle fondamenta’. Così Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato, in apertura del suo intervento in aula a palazzo Madama, in occasione della discussione generale sulla riforma della Rai.
‘La RAI – continua Mucchetti – ma anche Mediaset, ma anche Sky, ma anche Telecom, ma anche la stampa operano in un quadro normativo che si è sedimentato nel tempo e che ha avuto nella legge Gasparri l’ultima sistemazione di ampio respiro. Era il 2004 e ricordo – ai tempi lavoravo al «Corriere della sera» – di aver criticato molto quel provvedimento. Devo dire che il metodo che venne seguito allora e il respiro che quel provvedimento comunque aveva me lo rendono più interessante della leggina che abbiamo sul tavolo oggi’.
Per il senatore del Pd: ‘Forse qualcuno non ha ben presente che oggi Google in Italia raccoglie pubblicità – in perfetto regime di elusione fiscale – in misura di circa il 40 per cento superiore a quella della RAI. Eravamo abituati a considerare la RAI il secondo operatore pubblicitario dopo Mediaset. È clamorosamente superato dai fatti, ma noi di questo non ci occupiamo. Ci riempiamo genericamente la bocca con le nuove tecnologie, che non vogliono però dire solo digitalizzazione, che è già vecchia’.
‘Considero pertanto un errore da sottolineare con la matita blu la doppia delega che il disegno di legge in esame dà al Governo, comunque la si sistemi: quella sulle fonti di finanziamento e quella sulla revisione, sul riordino del quadro normativo. Un’azienda, un editore (se il Parlamento è l’editore della RAI) è tale se è lui che determina la politica dei ricavi. Un imprenditore che non determina la politica dei ricavi della propria azienda è uno che non conta nulla. Il disegno di legge propone di delegare al Governo determinate possibilità; tuttavia già adesso il Governo può ridurre, congelare il canone, può pagare in ritardo o in anticipo le convenzioni speciali, già adesso può fare molto, ma se noi facciamo passare il principio che quella è materia del Governo su cui il Parlamento, che è editore, può esprimere solo un parere di tipo consultivo, è chiaro che sarà un certo tipo di editore: un editore dimezzato’, conclude Mucchetti.

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