La riforma del bicameralismo (e del Titolo V) è, per me, un punto fermo, pur se non mi sono estranei perplessità e timori, insieme ad una convinzione forte: il bicameralismo perfetto va superato per ragioni funzionali e non per meri fattori economici. Il numero dei parlamentari può essere ridotto a prescindere. Ragiono, pertanto, su questa premessa.
Sento tutta la responsabilità di fronte ad un passaggio, che assume una valenza costituente e che non è riducibile ad una mera revisione costituzionale, quale può essere considerata, invece, anche la stessa modifica del Titolo V. Riformando il bicameralismo, infatti, si riforma il centro del sistema di una repubblica parlamentare, quale è la nostra. E si ridisciplina il potere legislativo, che, pur nella prospettiva della divisione/separazione dei poteri, rimane il primo potere: quello fondante e decisivo per la democrazia. Là dove, infatti, non c`è potere legislativo autonomo ed indipendente, c`è la dittatura.
È notorio che i parlamenti esistono anche nelle dittature, ma sono un paravento ed un orpello di un potere assoluto, di cui sono la cassa di risonanza. E non è meno notorio che negli anni recenti abbiamo visto, con le leggi ‘ad personam’, tentativi di ‘dittatura della maggioranza’, che sono altro dalla fisiologia di un parlamento democratico. Nell`avviare questo lavoro, però, non si deve dimenticare che la Costituzione materiale italiana (su cui ci ha invitato a riflettere un padre costituente del calibro di Costantino Mortati) indica con chiarezza che il ruolo del parlamento è sostanzialmente nullificato dalla prassi dei decreti legge e dalle leggi-delega a tutto (apparente) vantaggio del governo e a tutto (reale) vantaggio della burocrazia ministeriale. La riforma non può non partire da questo dato, dovendosi, nel momento stesso in cui si supererà il bicameralismo perfetto, riportare il parlamento al centro del sistema costituzionale.
La riforma del bicameralismo perfetto deve mirare a cancellare questa deviazione ademocratica del sistema, che ha inciso non poco sull`inefficienza dell`ultimo periodo del bicameralismo in una con la mancanza di un`adeguata riforma dei regolamenti parlamentari. La riforma deve, pertanto, contribuire (anche) a restituire al parlamento la sua costituzionale centralità, pur nella prospettiva di un bicameralismo non più perfetto, ma, per così dire, specializzato, onde possa, tramite le due camere, rappresentare in modo più efficiente la nazione, pur nella specificazione delle funzioni. In questa prospettiva, ferma la ‘primarietà’ politica e costituzionale della camera dei deputati, va costruito un bicameralismo sostanziale, non formale: piuttosto che un simulacro di senato, è meglio un monocameralismo di nome e di fatto.
 Onde evitare questo pericolo il senato dovrà essere tributario di una competenza legislativa limitata, ma significativa, quale non è data, secondo me, dal solo potere di esame delle leggi ordinarie (c.d. bicameralismo di ritorno) approvate dalla camera. Quest`ultimo non dovrebbe essere ridotto ad una funzione consultiva, ma dovrebbe essere tradotta in un potere di proposta modificativa, e/o integrativa con la camera dei deputati chiamata a deliberare sulle dette proposte. È d`uopo, invece, riconoscere al senato una competenza legislativa in materie tassativamente indicate, che abbiano diretta attinenza con materia di rilevanza costituzionale, quali – ad esempio – i diritti civili, le leggi elettorali, la legislazione attuativi delle direttive europee, i livelli essenziali delle prestazioni. L`attribuzione di queste (o di altre) competenze legislative appare coerente sul piano sistemico con la attribuzione della competenza in materia di leggi costituzionali e di revisione costituzionale, che, se isolata, renderebbe difficile l`esercizio sostanziale di tale competenza, per la quale il bicameralismo perfetto è punto di garanzia e di equilibrio. A questo proposito incidentalmente, osservo, che, sul piano sistemico e di coerenza costituzionale (art. 1 Cost.) l`art. 138 andrebbe riformato per rendere obbligatorio il referendum o per non escluderlo, in ben precise ipotesi, neanche nel caso di approvazione con la maggioranza dei 2/3. E ciò anche alla luce dell`introduzione di un sistema elettorale fortemente maggioritario: il rischio della dittatura della maggioranza va prevenuta.
 Il profilo delle competenze legislative è essenziale, non potendo essere ritenuta decisiva l`attribuzione al senato della funzione di raccordo tra lo Stato e le Regioni, attribuzione più che condivisa, la cui disciplina deve, da un lato, evitare ogni rischio di doppione della Conferenza Stato-Regioni e, dall`altro, qualificarsi per l`inclusione della competenza relativa alla prevenzione dei conflitti d`attribuzione Stato-Regioni; conflitti, che l`eliminazione della competenza concorrente, prevista dal Titolo V, limiterà sul piano quantitativo, ma non eliminerà se non verranno precisamente definiti i confini tra competenza legislativa statale e quella (residuale) regionale. La funzione di verifica dell`attuazione delle leggi dello Stato e sull`impatto delle politiche pubbliche sul territorio deve essere meglio definita perché non può e non deve tradursi in un ‘controllo sugli atti’. Sullo sfondo (per la verità, anche solo in ragione della competenza legislativa costituzionale) c`è un aspetto, che non mi sembra sufficientemente considerato: il senato potrebbe avere maggioranze diverse dalla camera dei deputati. La questione è delicatissima, ma non può essere sottovalutata perché l`omessa o l`inadeguata regolamentazione potrebbe creare situazioni di impasse anche superiori a quelle provocate dal bicameralismo perfetto. Quanto alla composizione del senato, l`attuazione del principio della ‘non elettività’, non deve portare a sottovalutare che questo principio non è d`ostacolo alla legittimazione popolare dei senatori per i quali le guarentigie (art. 68 Cost.) devono restare le stesse dei deputati: non vi è ragione di differenziazione (art. 3 Cost.). Rendere evidente questo aspetto è politicamente e costituzionalmente importante sia perché la sovranità appartiene al popolo (art. 1 Cost.) sia perché nessuno vuole restringere gli spazi effettivi della democrazia. E allora deve essere esplicita la duplice valenza del voto per l`elezione del presidente delle Regioni, cioè la presidenza ed il seggio elettorale, e del voto per i sindaci, cioè carica sindacale e diritto di elettorato passivo per il senato.
L`elezione di secondo grado non è un ‘di più di democrazia’, l`elezione contestuale per più incarichi sinergici, non ha questo difetto. Il tema della composizione dovrà assicurare una rappresentanza universale del sistema delle autonomie, ma, non di meno, dovrà essere realizzata una rappresentanza ponderata: ad esempio, la Valle d`Aosta non può avere la stessa rappresentanza delle Marche, così queste non possono averla uguale all`Emilia Romagna o alla Lombardia. Di converso, ai comuni piccoli e medi, più in un orizzonte caratterizzato dalle fusioni e dalle unioni, deve essere assicurata una rappresentanza.
Quale che sia la forma (unico o più disegni di legge costituzionale), che sarà prescelta, la interrelazione tra riforma del senato e riforma del Titolo V è nelle cose, nel momento stesso, in cui si crea il senato delle autonomie. Questa seconda riforma richiederebbe una riflessione di amplissimo respiro, che non potrebbe non riguardare le Regioni, il cui profilo sostanziale è diverso da quello costituzionale, non meno dei co- munì. Il problema del Titolo V, infatti, non è solo la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, ma è, prima di tutto, il rapporto tra lo Stato e le Autonomie ed il ruolo di queste ultime. Questo rapporto è decisivo e caratterizzante del tipo di Stato: la carta costituzionale è chiara, ma, anche sotto questo profilo, la costituzione materiale ci ‘regala’ un altro Stato, sempre più proteso ad un nuovo accentramento. La legislazione degli ultimi due anni testimonia questa tendenza, che va fermata, in modo drammatico. Ad ogni buon conto, oggi la riforma si incentra sulla ripartizione della competenza legislativa.
 Condivido la soppressione della competenza legislativa concorrente: ha dimostrato tutti i suoi limiti, formali e sostanziali. La riscrittura delle competenze dello Stato, peraltro, deve essere integrale, perché i suoi confini devono essere chiari, nel momento in cui la competenza legislativa delle Regioni è disegnata in termini residuali. Il rischio, in diverso caso, è di lasciare gli stessi spazi del sistema delle competenze concorrenti al contenzioso costituzionale per conflitti di attribuzione. Sotto questo profilo, non meno importante è una disciplina puntuale dell`intervento legislativo dello Stato, quando ricorrano esigenze di tutela dell`unità giuridica o economica della Repubblica o di realizzazione di riforme economicosociali di interesse nazionale.

Ne Parlano