“La legge che l’Aula del Senato esamina è necessaria perché risponde all’esigenza di dare al Paese, per la prima volta, un’unica misura nazionale di contrasto della povertà, una misura strutturale con carattere universale. Il reddito di inclusione è una misura di contrasto della povertà intesa come impossibilità di disporre dell’insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso, nonché uno strumento di contrasto dell’esclusione sociale”. Lo dice la senatrice Annamaria Parente, capogruppo del Pd nella Commissione Lavoro e relatrice al ddl di contrasto della povertà, che è intervenuta nell’Aula del Senato.
“La misura – continua Parente – consiste in un beneficio economico e in una componente di servizi alla persona, assicurati dalla rete dei servizi e degli interventi sociali, attraverso un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, da garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Così si supera la visione assistenzialista, radicata purtroppo nel Paese, per mettere al centro la persona nel rispetto della sua dignità. L’uscita dalla povertà non è solo un fatto di reddito, ma anche una questione di uscita da un certo tipo di vissuto che si concretizza spesso in un degrado esistenziale. E quindi, non servono solo risorse, ma anche aiutare le famiglie a mandare i bambini a scuola, dal pediatra, sostengo nelle situazioni difficili. La delega prevede il riordino delle attuali prestazioni e l’estensione graduale del reddito di inclusione a tutti i poveri assoluti, a partire dai nuclei famigliari con minori. Con l’approvazione di questo testo, l’Italia non sarà più l’unico Paese europeo nel quale lo Stato non fornisce un aiuto alle persone in povertà assoluta. Tante famiglie indigenti avranno così la possibilità di ricevere un sostegno pubblico per costruirsi un futuro migliore”.