“Sul tema della parità di genere, dobbiamo riconoscerlo e riconoscercelo, il Pd ha in questi anni ha fatto molta strada. Eppure, fa tantissima fatica a riconoscere e a investire su leadership femminili e così si ritrova guidato da un gruppo dirigente sostanzialmente  maschile. Draghi, diciamocelo chiaramente, non ha fatto altro che fotografare e prendere atto della situazione per come si mostra”.Tutti sapevamo in anticipo che sarebbe andata così. Cosa possiamo fare dunque, a partire da ora e senza recriminare? Serve qualcosa di più forte e inedito di quanto sperimentato finora, qualcosa che scardini da dentro le regole del gioco per cambiare il sistema e al contempo preservare  e promuovere così la nostra autenticità e differenza:  una corrente femminista nel nostro partito, una corrente che, nel rispetto pure del pluralismo interno che (e ci mancherebbe altro) anche le donne esprimono, scelga di anteporre a quel tipo di appartenenza quella di un pensiero e uno sguardo femministi”. Lo scrive la senatrice del Pd Valeria Valente sull’Huffingtopost. 
“Come Democratiche- prosegue Valente -possiamo provare a cambiare e contare davvero. L’unica strada possibile è però quella di un’azione collettiva basata sul reciproco riconoscimento  tra noi ma sopratutto, e prima di ogni altra cosa, sul riconoscimento della nostra autorevolezza. Solo così possiamo sperare di scardinare un sistema ingessato che si presenta per ora impermeabile, solo così potremo ambire realmente a scalare i  vertici della nostra organizzazione e predisporre le condizioni affinché l’intero sistema politico affronti il non più rinviabile cambiamento di paradigma culturale nel Paese in favore delle donne. E’ una  proposta,  uno spunto di riflessione per tutte noi in vista anche degli appuntamenti dei prossimi giorni, a partire dalla Direzione richiesta e appositamente convocata. Credo che oggi sia arrivato il momento di osare e chissà che un episodio tanto serio e doloroso come quello accaduto non possa essere foriero di qualcosa di positivo e virtuoso. Voglio provare a credere – conclude Valente – che sia possibile”.


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