Utilizzeremo altri 1.250 militari per la sorveglianza. L’aumento dei numeri sarà approvato con le nuove misure anti-terrorismo
Torneranno 4.250, e forse anche più, i militari che sorveglieranno obiettivi sensibili. Torneranno ad essere 4.250 e «se necessario anche di più» – gli uomini delle Forze Armate che sorveglieranno aeroporti, scuole ebraiche, ambasciate e tutti quegli obiettivi sensibili individuati da prefetti e questori nel momento di massima allerta antiterrorismo. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti annuncia un rinnovato impegno alla luce dei fatti di Parigi e una rivisitazione del progetto ‘strade sicure’ che dal primo gennaio era stato ridotto a 3mila unità: «Laddove le Forze armate possono essere utili per liberare le forze di polizia impiegate nel presidio e nel pattugliamento del territorio, la disponibilità è massima». La previsione di più uomini arriverà presto in consiglio dei ministri, assieme alle nuove misure antiterrorismo messe a punto dal ministro dell`Interno Alfano.
Ministro, è così immotivato che alcuni chiedano di rivedere Schengen dal momento che coloro che si avvicinano alla jihad sono spesso cittadini comunitari, immigrati di seconda o terza generazione, indottrinati via web? «Ripristinare i blocchi tra i nostri confini è un cedimento pericoloso, che non risolve il problema della sicurezza. Vanno individuati e seguiti coloro che sono pericolosi. In questo senso c`è bisogno di un maggiore scambio di informazioni anche sulle liste dei passeggeri, vanno chiusi i siti web che fanno proselitismo e si devono poter ritirare i passaporti delle persone sospette. Il rischio non va sottovalutato. Ma allo stesso tempo è necessario attuare queste misure senza negare gli spazi di libertà per tutti».
Eppure le informazioni tra i paesi europei circolano poco ed è sconcertante che i francesi non abbiano preso in considerazione l`allerta algerina.
«Il presidente Hollande ha detto che bisogna verificare: non mi permetto di dare giudizi. Certo, gli elementi di evidente criticità emergono anche solo leggendo le cronache. Il problema non è solo la condivisione delle informazioni ma anche l`operatività funzionale, come le informazioni poi vengono utilizzate».
Se vediamo le mappe del terrore globale, balza agli occhi la presenza di non-Stati, come ad esempio la Siria e l`Iraq, ma anche di situazioni di caos come in Libico. La difesa europea resta un`utopia?
«Resta un obiettivo sempre evocato ma poco raggiunto perché gli strumenti normativi sono molto deboli. Serve una motivazione po- litica forte. Più costruiamo la difesa europea più la Nato ha un interlocutore forte e coeso. Più la minaccia diventa globale come quella dell`Isis, di al Qaeda, Boko Aram e altre formazioni più è insensato rispondere come singoli Stati».
Una risposta che fino ad oggi sembra non aver prodotto grandi risultati. «Abbiamo a che fare con terroristi di seconda e terza generazione. Il potere del web di rilanciare immagini di morte che per alcuni diventano motivo di emulazione o volontà di rivalsa verso l`occidente è spaventoso. Il 10 per cento dei foreign fighters arriva dall`Europa. Il nostro Paese ha fatto una scelta precisa di partecipazione alla guerra e all`Isis. Attualmente sono poco meno di 200 gli uomini inviati in Iraq con il compito di addestrare i combattenti curdi e iracheni, fornire armi e supporto aereo. Nel corso dell`anno arriveremo a circa 500 uomini. Stiamo inoltre sostenendo lo sforzo contro il terrorismo di altri Paesi come l`Egitto, la Tunisia e la Giordania con la fornitura di addestramenti, mezzi e formazione. Ci auguriamo che la riunione che si terrà oggi a Ginevra con l`inviato dell`Onu, Leon, possa creare le condizioni per aiutare la Libia. Diversamente non è possibile intervenire»
Non c`è stata alcuna. sottovalutazione? Per esempio con i tagli alla Difesa italiana?
«In realtà sono stati tagli contenuti e ragionati, alcuni dei quali risalenti nel tempo ed oggetto di revisione. Per il 2014 si è trattato di 400milioni di euro, destinati a contribuire al finanziamento della misura di sostegno agli 80 euro. Ricordiamo però che questo governo ha contribuito a recuperare i fondi per sbloccare gli stipendi del comparto sicurezza e difesa bloccati dal 2011».
E per quanto riguarda l`operazione ‘strade sicure’?
«Il pattugliamento misto polizia-carabinieri potrebbe essere rivisto in favore di un aumento della vigilanza delle Forze Armate sugli obiettivi sensibili. Ripristinare il numero originario di 4.250? Se serve anche di più».
Ministro, è così immotivato che alcuni chiedano di rivedere Schengen dal momento che coloro che si avvicinano alla jihad sono spesso cittadini comunitari, immigrati di seconda o terza generazione, indottrinati via web? «Ripristinare i blocchi tra i nostri confini è un cedimento pericoloso, che non risolve il problema della sicurezza. Vanno individuati e seguiti coloro che sono pericolosi. In questo senso c`è bisogno di un maggiore scambio di informazioni anche sulle liste dei passeggeri, vanno chiusi i siti web che fanno proselitismo e si devono poter ritirare i passaporti delle persone sospette. Il rischio non va sottovalutato. Ma allo stesso tempo è necessario attuare queste misure senza negare gli spazi di libertà per tutti».
Eppure le informazioni tra i paesi europei circolano poco ed è sconcertante che i francesi non abbiano preso in considerazione l`allerta algerina.
«Il presidente Hollande ha detto che bisogna verificare: non mi permetto di dare giudizi. Certo, gli elementi di evidente criticità emergono anche solo leggendo le cronache. Il problema non è solo la condivisione delle informazioni ma anche l`operatività funzionale, come le informazioni poi vengono utilizzate».
Se vediamo le mappe del terrore globale, balza agli occhi la presenza di non-Stati, come ad esempio la Siria e l`Iraq, ma anche di situazioni di caos come in Libico. La difesa europea resta un`utopia?
«Resta un obiettivo sempre evocato ma poco raggiunto perché gli strumenti normativi sono molto deboli. Serve una motivazione po- litica forte. Più costruiamo la difesa europea più la Nato ha un interlocutore forte e coeso. Più la minaccia diventa globale come quella dell`Isis, di al Qaeda, Boko Aram e altre formazioni più è insensato rispondere come singoli Stati».
Una risposta che fino ad oggi sembra non aver prodotto grandi risultati. «Abbiamo a che fare con terroristi di seconda e terza generazione. Il potere del web di rilanciare immagini di morte che per alcuni diventano motivo di emulazione o volontà di rivalsa verso l`occidente è spaventoso. Il 10 per cento dei foreign fighters arriva dall`Europa. Il nostro Paese ha fatto una scelta precisa di partecipazione alla guerra e all`Isis. Attualmente sono poco meno di 200 gli uomini inviati in Iraq con il compito di addestrare i combattenti curdi e iracheni, fornire armi e supporto aereo. Nel corso dell`anno arriveremo a circa 500 uomini. Stiamo inoltre sostenendo lo sforzo contro il terrorismo di altri Paesi come l`Egitto, la Tunisia e la Giordania con la fornitura di addestramenti, mezzi e formazione. Ci auguriamo che la riunione che si terrà oggi a Ginevra con l`inviato dell`Onu, Leon, possa creare le condizioni per aiutare la Libia. Diversamente non è possibile intervenire»
Non c`è stata alcuna. sottovalutazione? Per esempio con i tagli alla Difesa italiana?
«In realtà sono stati tagli contenuti e ragionati, alcuni dei quali risalenti nel tempo ed oggetto di revisione. Per il 2014 si è trattato di 400milioni di euro, destinati a contribuire al finanziamento della misura di sostegno agli 80 euro. Ricordiamo però che questo governo ha contribuito a recuperare i fondi per sbloccare gli stipendi del comparto sicurezza e difesa bloccati dal 2011».
E per quanto riguarda l`operazione ‘strade sicure’?
«Il pattugliamento misto polizia-carabinieri potrebbe essere rivisto in favore di un aumento della vigilanza delle Forze Armate sugli obiettivi sensibili. Ripristinare il numero originario di 4.250? Se serve anche di più».