Se dovesse accadere sarà importante spiegare
«L`Isis è un pericolo concreto e non vorrei che lo si stesse sottovalutando. Io sono mamma di due figlie adolescenti e mi trovo spesso a dover spiegare loro quanto sta accadendo, per rassicurarle e aiutarle a comprendere un fenomeno complesso». Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha il dono di parlare con estrema chiarezza rivolgendosi ai giovani del Giffoni Experience, il festival internazionale del cinema per ragazzi che ieri pomeriggio l`ha vista ospite di una densissima masterclass moderata dal direttore de ‘Il Mattino’ Alessandro Barbano.
Gli argomenti sono tanti: dalle continue tragedie sui barconi che partono dalla Libia e affondano nel Mediterraneo, al recente rapimento dei quattro italiani in un Paese sempre più diviso e ingovernabile; dai possibili nuovi tagli alla Difesa (‘Ma non ce ne saranno, perché abbiamo già dato’) all`avanzata della Stato Islamico, dalla possibile riforma dell`Onu alle azioni di contrasta da mettere in campo contro gli scafisti e alla riforma delle forze armate (‘Proseguiamo lungo una logica interforze e daremo sempre più spazio alle donne’). La Pinotti arriva nella sede della «masterclass», nelle Antiche Ramiere di Giffoni Valle Piana, assieme al Capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Claudio Graziano. E i giovani, dopo l`intervento introduttivo del direttore del Giffoni Experience, Claudio Gubitosi, seguono in silenzio con grande interesse le sue risposte, sollecitandola con considerazioni non banali.
Che cosa dice alle sue figlie quando le chiedono dell`Isis?
«Spiego loro che si tratta di un pericolo reale, ma che il Governo italiano e la comunità internazionale stanno mettendo in campo gn strumenti necessari per poterlo affrontare. Rispetto ai nemici del passato, questo tipo di estremismo è più subdolo e fa un utilizzo aberrante dell`odio promosso a valore, attraverso una propaganda che diffonde il terrore con le tecniche dei videogiochi e delle nuove tecnologie e che, proprio per questo, ha un`efficacia notevole nei confronti dei più giovani. Loro lo sanno e si comportano così per spaventarci e costringerci a cambiare il nostro modo di vivere. E invece, io credo che la prima cosa da fare sia proprio continuare a vivere come sempre, coscienti del fatto che l`espansione dell`Isis in Libia sia preoccupante, ma anche di avere in Italia un sistema preventivo all`altezza della situazione. Anche l` allarmismo seguito ai recenti arresti di jihadisti in Italia lo trovo immotivato, perché se tali arresti avvengono vuol dire che governo e forze dell`ordine fanno il loro dovere».
La Libia, però, è un Paese nel caos, in che modo va gestita quest`area di crisi?
«Il primo passo deve essere un governo libico di unità nazionale che poi venga riconosciuto dalla comunità internazionale. Tre giorni fa ho incontrato Bernardino
Leòn, l`inviato speciale dell`Onu per la Libia, col quale ho parlato proprio di questa urgenza. E lui mi ha ribadito il suo ottimismo. I governi di Tobruk e di Tripoli hanno sottoscritto l`accordo, ma vi sono resistenze da parte degli islamisti, anche perché sanno che proprio a Tobruk si voterà a ottobre e anche loro considerano strategica quella scadenza elettorale per provare a espandersi ulteriormente».
Resta il fatto che la Libia attualmente sia un autentico coacervo di tribù.
«Fino a quando in territorio libico vi saranno le attuali divisioni sarà complicato controllare l`espansione dell`Isis, ma anche le partenze dei barconi degli scafisti e
la gestione dei flussi dei migranti. Il problema è che in un Paese simile, con culture e tradizioni così diverse dalle nostre, è rischioso e sbagliato intervenire applicando le nostre categorie occidentali. L`utilizzo della forza, da solo, non può essere una soluzione efficace, se non vi è un progetto per quanto viene dopo. Se riesci a deporre Gheddafi, devi anche sapere che cosa può venire dopo. In tal senso, anche gli esiti delle varie ‘primavere arabe’ sono stati diversi da come si poteva immaginare. La sola Tunisia ne era uscita in maniera più strutturata e, non a caso, è diventata un obiettivo primario dell`estremismo islamico».
C`è molta preoccupazione per le sorti dei quattro italiani rapiti nei giorni scorsi.
«E la preoccupazione è di tutti noi, com`è giusto che sia. Il peggioramento della situazione in Libia è stato tale da aver costretto anche l`Italia, unica nazione che
manteneva ancora aperta l`Ambasciata, a chiuderla, avvisando i nostri connazionali
presenti lì dei pericoli reali che potevano correre sul territorio. Per quanto riguarda gli ostaggi, in momenti come questi bisogna parlare il meno possibile perché la
sicurezza è fondamentale per lavorare al meglio per una soluzione».
Nel Mediterraneo continuano a morire i migranti vittime di scafisti senza scrupoli, mentre l`Europa vara la missione a guida italiana Eunavfor Med.
«Intanto, è importante che vi sia una guida italiana affidata all`ammiraglio Enrico
Credendino, dopo che l`Italia ha dovuto fare da sola per troppo tempo. Dopo la tragedia dello scorso aprile e le centinaia di morti in mare, l`Europa è stata costretta a guardarsi allo specchio e a mettere in moto un meccanismo di controllo che partisse dal presupposto che la questione dei migranti è questione europea e che
andassero fatti passi concreti verso un sistema di difesa europeo. Servono regole certe e controlli efficaci. Gli scafisti non sono benefattori, ma criminali che
schiavizzano coloro che trasportano, spesso stipandoli nelle stive in modo inumano, per pura sete di guadagni che poi non sappiamo come vengono utilizzati. Le fasi previste sono tre: la prima, quella attuale, è la raccolta delle informazioni; la seconda è il contrasto in mare degli scafisti; la terza deve avvenire sul suolo libico, ma richiede una risoluzione dell`Onu o la richiesta libica».
Può esservi per l`Italia la possibilità di un`azione militare?
«Il ricorso alla forza per me rappresenta l`ultima ipotesi. Tra l`altro, l`Italia è un Paese che ha un rapporto storicamente difficile con i temi legati alla difesa. Io spero tanto che non sia necessaria una missione col rischio di costi umani, ma potrei
trovarmi costretta a doverlo fare e, in quel caso, dovremmo essere bravi a spiegarlo all`opinione pubblica. Se qualcuno attacca i tuoi confini, è più semplice far comprendere la necessità di difenderti, ma come si fa avoltarsi dall`altra parte di fronte a situazioni come quella delle 5-6mila schiave del sesso, spesso poco più che
bambine, imprigionate in Kurdistan dagli estremisti?».
Lei condivide le critiche del premier britannico Cameron al concetto di multiculturalismo, con riferimento a ciò che ha prodotto, sul lungo periodo, nella realtà inglese?
«Credo che le tradizioni, oltre che le leggi, di un Paese vadano rispettate. E credo anche che gli immigrati debbano avere la capacità di contaminarsi con la cultura della nazione che li ospita. Sulle moschee in Italia, sono favorevole alla loro costruzione, perché è importante avere un luogo dove poter pregare, ma allora devo sapere che cosa viene predicato al loro interno, per evitare il rischio di spazi per l`estremismo e per l`odio trasformato in valore».
Gli argomenti sono tanti: dalle continue tragedie sui barconi che partono dalla Libia e affondano nel Mediterraneo, al recente rapimento dei quattro italiani in un Paese sempre più diviso e ingovernabile; dai possibili nuovi tagli alla Difesa (‘Ma non ce ne saranno, perché abbiamo già dato’) all`avanzata della Stato Islamico, dalla possibile riforma dell`Onu alle azioni di contrasta da mettere in campo contro gli scafisti e alla riforma delle forze armate (‘Proseguiamo lungo una logica interforze e daremo sempre più spazio alle donne’). La Pinotti arriva nella sede della «masterclass», nelle Antiche Ramiere di Giffoni Valle Piana, assieme al Capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Claudio Graziano. E i giovani, dopo l`intervento introduttivo del direttore del Giffoni Experience, Claudio Gubitosi, seguono in silenzio con grande interesse le sue risposte, sollecitandola con considerazioni non banali.
Che cosa dice alle sue figlie quando le chiedono dell`Isis?
«Spiego loro che si tratta di un pericolo reale, ma che il Governo italiano e la comunità internazionale stanno mettendo in campo gn strumenti necessari per poterlo affrontare. Rispetto ai nemici del passato, questo tipo di estremismo è più subdolo e fa un utilizzo aberrante dell`odio promosso a valore, attraverso una propaganda che diffonde il terrore con le tecniche dei videogiochi e delle nuove tecnologie e che, proprio per questo, ha un`efficacia notevole nei confronti dei più giovani. Loro lo sanno e si comportano così per spaventarci e costringerci a cambiare il nostro modo di vivere. E invece, io credo che la prima cosa da fare sia proprio continuare a vivere come sempre, coscienti del fatto che l`espansione dell`Isis in Libia sia preoccupante, ma anche di avere in Italia un sistema preventivo all`altezza della situazione. Anche l` allarmismo seguito ai recenti arresti di jihadisti in Italia lo trovo immotivato, perché se tali arresti avvengono vuol dire che governo e forze dell`ordine fanno il loro dovere».
La Libia, però, è un Paese nel caos, in che modo va gestita quest`area di crisi?
«Il primo passo deve essere un governo libico di unità nazionale che poi venga riconosciuto dalla comunità internazionale. Tre giorni fa ho incontrato Bernardino
Leòn, l`inviato speciale dell`Onu per la Libia, col quale ho parlato proprio di questa urgenza. E lui mi ha ribadito il suo ottimismo. I governi di Tobruk e di Tripoli hanno sottoscritto l`accordo, ma vi sono resistenze da parte degli islamisti, anche perché sanno che proprio a Tobruk si voterà a ottobre e anche loro considerano strategica quella scadenza elettorale per provare a espandersi ulteriormente».
Resta il fatto che la Libia attualmente sia un autentico coacervo di tribù.
«Fino a quando in territorio libico vi saranno le attuali divisioni sarà complicato controllare l`espansione dell`Isis, ma anche le partenze dei barconi degli scafisti e
la gestione dei flussi dei migranti. Il problema è che in un Paese simile, con culture e tradizioni così diverse dalle nostre, è rischioso e sbagliato intervenire applicando le nostre categorie occidentali. L`utilizzo della forza, da solo, non può essere una soluzione efficace, se non vi è un progetto per quanto viene dopo. Se riesci a deporre Gheddafi, devi anche sapere che cosa può venire dopo. In tal senso, anche gli esiti delle varie ‘primavere arabe’ sono stati diversi da come si poteva immaginare. La sola Tunisia ne era uscita in maniera più strutturata e, non a caso, è diventata un obiettivo primario dell`estremismo islamico».
C`è molta preoccupazione per le sorti dei quattro italiani rapiti nei giorni scorsi.
«E la preoccupazione è di tutti noi, com`è giusto che sia. Il peggioramento della situazione in Libia è stato tale da aver costretto anche l`Italia, unica nazione che
manteneva ancora aperta l`Ambasciata, a chiuderla, avvisando i nostri connazionali
presenti lì dei pericoli reali che potevano correre sul territorio. Per quanto riguarda gli ostaggi, in momenti come questi bisogna parlare il meno possibile perché la
sicurezza è fondamentale per lavorare al meglio per una soluzione».
Nel Mediterraneo continuano a morire i migranti vittime di scafisti senza scrupoli, mentre l`Europa vara la missione a guida italiana Eunavfor Med.
«Intanto, è importante che vi sia una guida italiana affidata all`ammiraglio Enrico
Credendino, dopo che l`Italia ha dovuto fare da sola per troppo tempo. Dopo la tragedia dello scorso aprile e le centinaia di morti in mare, l`Europa è stata costretta a guardarsi allo specchio e a mettere in moto un meccanismo di controllo che partisse dal presupposto che la questione dei migranti è questione europea e che
andassero fatti passi concreti verso un sistema di difesa europeo. Servono regole certe e controlli efficaci. Gli scafisti non sono benefattori, ma criminali che
schiavizzano coloro che trasportano, spesso stipandoli nelle stive in modo inumano, per pura sete di guadagni che poi non sappiamo come vengono utilizzati. Le fasi previste sono tre: la prima, quella attuale, è la raccolta delle informazioni; la seconda è il contrasto in mare degli scafisti; la terza deve avvenire sul suolo libico, ma richiede una risoluzione dell`Onu o la richiesta libica».
Può esservi per l`Italia la possibilità di un`azione militare?
«Il ricorso alla forza per me rappresenta l`ultima ipotesi. Tra l`altro, l`Italia è un Paese che ha un rapporto storicamente difficile con i temi legati alla difesa. Io spero tanto che non sia necessaria una missione col rischio di costi umani, ma potrei
trovarmi costretta a doverlo fare e, in quel caso, dovremmo essere bravi a spiegarlo all`opinione pubblica. Se qualcuno attacca i tuoi confini, è più semplice far comprendere la necessità di difenderti, ma come si fa avoltarsi dall`altra parte di fronte a situazioni come quella delle 5-6mila schiave del sesso, spesso poco più che
bambine, imprigionate in Kurdistan dagli estremisti?».
Lei condivide le critiche del premier britannico Cameron al concetto di multiculturalismo, con riferimento a ciò che ha prodotto, sul lungo periodo, nella realtà inglese?
«Credo che le tradizioni, oltre che le leggi, di un Paese vadano rispettate. E credo anche che gli immigrati debbano avere la capacità di contaminarsi con la cultura della nazione che li ospita. Sulle moschee in Italia, sono favorevole alla loro costruzione, perché è importante avere un luogo dove poter pregare, ma allora devo sapere che cosa viene predicato al loro interno, per evitare il rischio di spazi per l`estremismo e per l`odio trasformato in valore».