Droni americani autorizzati a partire da basi italiane. Lo scrive il “Wall Street Journal” e il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, conferma. «La base di Sigonella è utilizzata dagli Stati Uniti secondo un trattato che risale agli anni `50. Ogni volta che si configurano assetti nuovi, parte una richiesta. Nulla di strano. C`è stato bisogno di una serie di interlocuzioni, perché l`Italia dev`essere coinvolta con un ruolo di leadership e di coordinamento in una strategia di sicurezza complessiva rispetto alla Libia».
Che cosa abbiamo ottenuto alla fine?
«Una richiesta puntuale degli americani al nostro governo tutte le volte che dev`essere utilizzato un mezzo in partenza da Sigonella. Negoziazione significa che abbiamo voluto chiarire il ruolo di protagonista dell`Italia in una strategia condivisa di lotta al terrorismo e stabilizzazione della Libia. Noi non siamo solo un paese che ospita. I droni armati americani sono pensati non solo in funzione della Libia, ma per la protezione degli assetti e del personale americana della coalizione in tutta l`area. Non è una decisione legata a un`accelerazione sulla Libia. Il rapporto con gli Usa è molto forte. Quando il presidente Mattarella è andato a Washington, c`è stato da parte di Obama lo stesso linguaggio sulle modalità di intervento in Libia e sulla necessità che non vi siano fughe in avanti non coordinate».
Più volte si è detto che la Francia avrebbe agito per conto suo…
«C`è rispetto, ogni tanto vengono annunciate fughe in avanti che di fatto non ho mai visto. In tutti i consessi internazionali viene sempre chiesto all`Italia di riferire sulla Libia. A Parigi come a Bruxelles».
Sembra già di sentire le proteste di quanti diranno che concedendo l`uso delle basi per i droni americani siamo entrati in guerra senza dirlo…
«Finora i droni non hanno mai agito in operazioni armate e non c`è stata alcuna richiesta in merito. Gli accordi internazionali con gli Stati Uniti? Nessuno tiene all`oscuro il Parlamento, qui le prerogative parlamentari non entrano. A Sigonella ci sono diversi assetti degli americani, stabili o no, per mettere in sicurezza le loro ambasciate, il personale… Nessuna decisione operativa è stata presa finora. Se ci fosse la necessità ce lo direbbero. Non solo, ma dovrebbero discutere con noi la strategia complessiva. E non mi aspetto richieste che escano dalla strategia condivisa: gli obiettivi devono essere coerenti».
Ma il Parlamento prima o poi sarà coinvolto?
«Questo governo ha sempre portato in Parlamento tutte le decisioni che riguardano l`impiego delle forze armate, due volte l`anno con i decreti sulle missioni e il dettaglio anche dei rapporti bilaterali. L`uso delle basi americane non sta nel decreto missioni perché non c`è alcuna missione in partenza. Se si dovesse decidere una missione in Libia lo chiederemmo al Parlamento. Ma ad oggi non è prevista».
Mentre non decidiamo, però, l`Isis si rafforza?
«Movimenti più consistenti dell`Isis sulla Libia ci sono stati segnalati negli ultimi mesi, l`accelerazione non è di ora. Con le sconfitte militari in Iraq e in Siria, lo spostamento di miliziani verso la Libia e l`idea delle “menti” del terrorismo di trovare una ricollocazione erano monitorati da tempo. Ma è sbagliato dire che la Libia è sotto controllo dell`Isis. Gli stessi libici non si sottomettono a Daesh. Siamo preoccupati, certo, ma dallo scorso marzo abbiamo nel Mediterraneo una missione, Mare Sicuro, che ha tra i suoi obiettivi l`antiterrorismo, il monitoraggio di tutto ciò che si muove e che può costituire una minaccia terroristica. Ci siamo preparati per tempo a osservare ciò che avviene, non solo attraverso l`intelligence ma con visioni dall`alto e con ciò che possono rilevare navi e sommergibili».
La Libia è un obiettivo del Daesh?
«I protagonisti della politica libica, pur nelle loro diverse configurazioni, hanno questo elemento che li unisce: il contrasto all`Isis. Per questo ci auguriamo che lo stallo di questi giorni sulla formazione del governo di unità nazionale possa essere quanto prima superato. E se alla fine non si arrivasse all`accordo, potrebbero esserci solo azioni puntuali come quella americana a Sabratha, ma nella cornice di una coalizione. Gli Stati Uniti hanno spiegato ragioni e obiettivi dell`intervento. In prospettiva deve valere il modello Iraq: agire attraverso le forze locali. Una operazione di largo respiro senza un accordo dei libici sarebbe mobiliterebbe i sentimenti che costituiscono l`humus della propaganda dell`Isis».
Quanto possiamo aspettare ancora? L`Isis si sta rafforzando in Libia?
«Non direi. Ha subìto colpi notevoli. I miliziani sono 5-6mila, ma nessuno può contarli uno per uno. Sicuramente stanno arrivando dalla Tunisia, da altri paesi africani, dalla Siria; la gran parte dei morti nel raid americano non erano libici. Una stratega coordinata tra alleati e i libici sono la via maestra».
Difenderemo anche i lavori della Diga di Mosul, in Iraq, a pochi chilometri dal fronte con il Califfato?
«Spero che per quando partiranno i nostri militari, in primavera, dopo una decisione probabilmente in aprile e la consegna del cantiere, la prima linea sarà un po` più lontana. L`esercito iracheno e i peshmerga curdi vogliono fortemente riprendere Mosul. Prevediamo l`invio di 450-500 soldati per vigilare uno spazio ampio. Mandiamo sempre i nostri militari con gli assetti necessari per difendersi, quindi avremo anche gli elicotteri per fi soccorso e il salvataggio di uomini eventualmente feriti. Anche l`invio di questi militari sarà preceduto da un passaggio parlamentare».
La Nato in due giorni ha accolto la richiesta tedesca e turca di vigilare sui flussi migratori nell`Egeo…
«Questi problemi non li scopriamo ora, da due anni l`Italia li affrontava, anche da sola. Poi siamo riusciti a coinvolgere l`Europa nella missione contro gli scafisti di cui abbiamo il comando con la nave Cavour. aluto positivamente l`impegno della Nato nell`Egeo, chiedo che sia coordinato con EunavForMed e sia così definitivamente superato il veto su possibili interventi della Nato in scenari migratori. La missione anti-terrorismo Nato nel Mediterraneo, Active Endeavour, dovrebbe avvicinarsi di più alle coste libiche, nelle acque internazionali prospicienti».


Ne Parlano