Durante l’eurogruppo di lunedì il ministro Gualtieri ha dato il via libera da parte dell’Italia alla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) come concordata dai ministri delle finanze della zona euro. Vi sono tre punti su cui l’Italia è riuscita a far valere la propria posizione, e altrettante critiche che meritano un chiarimento.
Innanzitutto, l’Italia è riuscita ad anticipare a inizio 2022, rispetto alla data originariamente prevista del 2023, l’avvio del ruolo del Mes come backstop comune per il Fondo Unico di Risoluzione delle banche. In caso di esaurimento delle risorse del Fondo Unico di Risoluzione, ad esempio per via di una crisi del sistema bancario europeo, i fondi del Mes potrebbero essere impiegati per la risoluzione delle banche maggiormente colpite.
Si tratta, come si può immaginare, di una riforma migliorativa dell’Unione Bancaria, in quanto aumenta la condivisione dei rischi tra gli stati dell’eurozona, e il passaggio sarebbe salutato sicuramente con favore da parte dei mercati finanziari.
Un secondo punto su cui l’Italia è riuscita a far valere la propria posizione è quello della logica di pacchetto, per utilizzare le parole del presidente del consiglio. Al via libera alla riforma del Mes all’eurogruppo ha fatto seguito, infatti, uno sforzo rinnovato di procedere al completamento dell’Unione Bancaria attraverso la creazione del Sistema Unico di Garanzia sui Depositi che andrebbe a rafforzare il sistema attuale che prevede un sistema di garanzia per ogni stato.
In caso di crisi in un Paese specifico, i risparmiatori sarebbero maggiormente tutelati, in quanto protetti non solo dalle risorse accantonate dalle banche italiane, ma anche da quelle degli altri paesi europei. Infine, l’Italia è riuscita, come evidenziato dal ministro Gualtieri in audizione alle commissioni di Camera e Senato, a impedire qualsiasi procedura automatica di ristrutturazione del debito nella riforma del Trattato Mes. Un tale risvolto avrebbe rischiato di innescare profezie autoadempienti, a danno in particolare dei paesi con un elevato stock di debito pubblico quale il nostro.
Altrettante sono le criticità emerse durante le discussioni, a cui vorrei rispondere puntualmente. Molti esponenti politici stanno criticando la riforma del Mes come se questa implicasse automaticamente una richiesta di finanziamenti da parte dell’Italia, tanto ora con la nuova linea di credito pandemica (Pcs), tanto in futuro con una linea di credito precauzionale (Pccl) o avanzata (Eccl).
L’attivazione delle linee di credito del Mes viene fatta sempre volontariamente da parte di uno stato membro, pertanto è un processo sotto il controllo politico e non vi sono automatismi. Il sostegno alla riforma viene da tutti i paesi aderenti al Mes, inclusi i Paesi che hanno ricevuto assistenza tramite il Mes stesso, e solo da noi è diventato un tema di dibattito politico così intenso. Non vedo quindi motivi di preoccupazione su questo frangente. Mi permetto anche di aggiungere che richiedere assistenza con la linea Pcs farebbe risparmiare all’Italia, con i numeri attuali, 300 milioni all’anno per dieci anni.
Altro tema caldo è la riforma delle Cacs. Anche in questo caso non vi sono automatismi sulla ristrutturazione del debito. Le Cacs sono la modalità attraverso la quale i detentori di titoli di stato di un paese che non riesce a onorare i propri debiti, possono tutelarsi richiedendo un rimborso inferiore rispetto alla cifra preventivata.
L’alternativa sarebbe il non rimborso. Il passaggio da Double Limb Cacs a Single Limb Cacs, che rende il processo decisionale da parte dei possessori di titoli di stato, verrebbe accelerato dalla riforma del Mes, ma si tratta di una tendenza già in corso nei mercati finanziari. Anche in questo caso non vedo preoccupazioni, considerando che tutte le istituzioni europee stanno valutando positivamente la situazione italiana, al netto della crisi Covid-19, e gli investitori, anche grazie al sostegno da parte della Bce, stanno premiando i titoli italiani con rendimenti ai minimi storici.
Infine, sono stati messi in discussione i nuovi sforzi in termini di monitoraggio e riduzione dei rischi a livello nazionale. Per quanto riguarda il monitoraggio, la riforma non cambia la sostanza del funzionamento del Mes. Per quanto riguarda i maggiori sforzi richiesti per la riduzione dei crediti deteriorati, si tratta di un’azione che segue la tendenza già in corso, nonostante la crisi Covid. Anche su questo, quindi, non vedo preoccupazioni.
Pertanto, mi sento di lanciare un appello alle forze di maggioranza e di opposizione che sono scettiche sulla riforma del Mes. Accantoniamo le pregiudiziali politiche e concentriamoci su quanto di buono c’è in questa riforma, allineandoci all’unanimità dei paesi,e concentriamoci sulle altre riforme necessarie all’Europa: il completamento dell’Unione Bancaria, del Mercato dei Capitali, e la trasformazione del Next Generation Ue in uno strumento permanente.


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