“Sono passati oltre due anni da quel terribile 23 giugno 2016 in cui una risicata maggioranza dei cittadini britannici ha deciso l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Eppure, anche se mancano solo pochi mesi alla data di uscita definitiva del Regno Unito dall’UE, i negoziati ancora languono e la prospettiva di una no deal Brexit, una Brexit senza accordo, si fa sempre più probabile. È vero che in questi mesi il Regno Unito e l’Unione Europea hanno raggiunto un accordo di massima sugli obblighi finanziari che il Regno Unito aveva contratto come membro dell’UE e che deve onorare e hanno costruito un accordo che garantisce pieni diritti ai cittadini europei che si trovano nel Regno Unito prima della fine del periodo di transizione, così come ai cittadini britannici che si trovano nell’Unione Europea. Rimangono irrisolti però alcuni nodi importanti del divorzio. Il problema maggiore riguarda il confine fra Irlanda e Irlanda del Nord. La proposta sinora avanzata dal Regno Unito non è accettabile perché prevede un allineamento regolamentare sui beni per tutto il Regno Unito, mentre l’UE propone che questo venga fatto solamente per l’Irlanda del Nord, per evitare a tutti i costi un indurimento della frontiera. Un allineamento completo del Regno Unito alle regole UE sui beni, per quanto faciliterebbe il commercio e beneficerebbe entrambe le parti, rischierebbe di compromettere l’integrità del mercato unico, costituendo di fatto un mercato unico à la carte. Questo è inaccettabile per l’Unione Europea. Ma il tema principale è il commercio. Nel libro bianco pubblicato poche settimane fa, Theresa May ha suggerito di definire una zona di libero scambio per tutte le merci, incluse quelle agroalimentari, regolata da norme condivise e da standard di sicurezza. Per evitare i controlli doganali dopo la Brexit, il governo britannico vuole un sistema senza precedenti in cui il Regno Unito raccolga i dazi UE pur avendo la libertà di fissare tariffe diverse per le merci destinate al mercato britannico. L’UE però non può e non intende delegare l’applicazione della sua politica doganale e delle sue norme. Insomma, sia sulla prima parte, quella del “divorzio”, sia sulla seconda, quella delle “nuove relazioni”, permangono nodi e problemi irrisolti, e sale tra i cittadini britannici la voglia di rimanere nella Unione Europea. Certo l’esito referendario è un esito democratico, benché non vincolante, e va rispettato, ma di fronte a un no deal, non si dovrebbe pensare a sentire nuovamente cosa ne pensano i cittadini”? Lo affermano i senatori Gianni Pittella e Alessandro Alfieri, rispettivamente capogruppo Pd in commissione Politiche europee e capogruppo Pd in commissione Esteri a Palazzo Madama.


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