di Luigi Zanda
alfanoLe ragioni per le quali tre mesi fa il Pd ha concorso a dare all’Italia un governo presieduto dal suo vice Segretario nazionale, non sono venute meno. Il lavoro da fare è ancora lungo. Queste sono le valutazioni che ci hanno portato a confermare con convinzione la fiducia al governo Letta e, conseguentemente, a respingere la mozione di sfiducia di due partiti di opposizione nei confronti di Alfano.

Ma sulla vicenda della signora Shalabayeva pesano tante ombre. Dirigenti importanti della Polizia di Stato sono stati indotti o hanno deciso di lasciare i loro incarichi in relazione allo svolgimento dei fatti della vicenda kazaka. Lasciare il proprio incarico in determinate circostanze rientra tra i doveri dei servitori dello Stato. Nel momento in cui, nonostante molto sia ancora poco chiaro, respingiamo la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Alfano, dobbiamo anche ricordare che servitori dello Stato debbono esserlo non solo i funzionari pubblici, ma anche i ministri della Repubblica.

Esprimo un giudizio molto severo sull’espulsione dall’Italia verso il Kazakistan di Alma Shalabayeva e di sua figlia, sulle modalità in cui è avvenuta, sulle conseguenze sulle due donne, sulle responsabilità degli apparati e dell’autorità politica. Si, anche sulle responsabilità politiche dell’autorità politica. Nel caso kazako, i fatti conosciuti sono francamente inaccettabili. Sono atti che hanno leso l’onore dell’Italia in tutto il mondo. Per una piena trasparenza dei fatti è importante che il Ministro spieghi nel dettaglio come, ancor prima dell’incontro tra il capo di gabinetto del ministro Procaccini e l’ambasciatore, già sapesse che i problemi che l’ambasciatore intendeva sottoporre al Viminale erano molto delicati. Se il Ministro sapeva che al suo Capo di gabinetto sarebbero state sottoposte questioni molto delicate, doveva anche conoscere qualcosa sul perché di tanta delicatezza.

C’è da capire quali argomenti, quali interessi, quali manine o manone, abbiano messo in moto la macchina investigativo-repressiva della polizia italiana. Chiarezza non è soltanto un’esigenza di legalità e di trasparenza. E chiarezza richiedono certamente anche le forze di polizia, la cui democraticità è fuori discussione, ma che non debbono restare col dubbio d’essere state utilizzate a fini non di giustizia.