«Ho votato la fiducia per disciplina di partito».

Avrebbe volentieri votato no al governo Renzi, senatore Miguel Gotor?

«Disciplina di partito è per me un termine nobile. La mia fiducia è al¬l’energia del premier e alle sfide che lancia, ma non è una fiducia in bianco. Valuterò di volta in volta».

Lei è un parlamentare del Pd…

«Sì, ma ho due grandi perplessità. La prima riguarda non certo lo stile di Renzi, perché queste sono sciocchezze, quanto la vaghezza dei contenuti. La seconda è il problema del ministro dello Sviluppo, portatrice di un conflitto di interessi evidente di natura familiare».

Sta dicendo che Federica Guidi dovrebbe dimettersi?

«Non sta a me chiederne le dimis-sioni, ma sul governo ci sono le impronte del conflitto di interessi e di una intesa con Berlusconi, il quale non a caso avrebbe detto ‘abbiamo un ministro’. Questa anomalia va denunciata. Purtroppo il sistema di potere italiano ha difficoltà a recidere il cordone ombelicale che lo lega a Berlusconi».

E Renzi?

«La sua ascesa è passata attraverso una interlocuzione con l’ex premier: così lo ha rimesso al centro della dialettica politica II governo Renzi nasce con la manina di Berlusconi».

Letta per i primi mesi ha governato con Berlusconi in maggioranza…

«Poi però, facendolo uscire dalla maggioranza, ha fatto una operazione politica di grande valore, che Renzi ha vanificato e che è stata da molti dimenticata».

Nel merito, come giudica le proposte di Renzi?

«Mi ha colpito il discorso del Senato, con pochi contenuti programmatici».

Pochi contenuti? Taglio a doppia cifra del cuneo fiscale, restituzione integrale dei debiti della pubblica amministrazione, rivoluzione fiscale, ristrutturazione delle scuole…

«Tutti titoli. Le coperture economiche dove sono? Il sussidio universale di disoccupazione costerebbe 18 miliardi, i debiti della pubblica amministrazione 40, il cuneo 30… Visto che siamo quasi a cento miliardi sa¬ebbe interessante sapere cosa ne dice Padoan, il nuovo ministro del Tesoro. E che ne è stato della lotta all’evasione? Noi sosterremo Renzi nella misura in cui i fatti diverranno realtà».

Può durare fino al 2018?

«D’istinto penso che avrà difficoltà ad arrivare al 2018 e che questo governo abbia una dimensione elettorale di medio periodo. Le medie intese rendono la maggioranza al Senato numericamente stretta, risicata, sottoposta ai venti e ai rischi della navigazione politica. La mia sensazione è che Renzi stia governando con i voti presi da Bersani nel 2013, tanto disprezzati, e con i programmi di Letta».

C’è chi pensa che il lungo abbraccio alla Camera tra Letta e Bersani disegni uno scenario futuro, dentro o fuori il Pd. E lei?

«Chi è animato da uno spirito riformista e ragionevole si sente ben rappresentato da quell’abbraccio».

Ci vede un ticket?

«L’Italia ha bisogno come il pane di persone perbene e di una classe di dirigenti seria. La cifra che unisce Enrico e Pier Luigi è la serietà, coniugata al riformismo. Insieme sono portatori di una idea di Pd e del ruolo che il partito deve avere nella politica e nella società, una idea che io trovo convin-

cente. Hanno lavorato bene insieme e vorrei che tornassero a farlo. Spero che il tempo sia galantuomo con entrambi».

Renzi vuole restare segretario, ma nel Pd c’è già chi parla di congresso.

«Sulla segreteria e sul congresso deciderà Renzi, l’investitura popolare delle primarie gli dà la forza politica e la responsabilità di prendere una decisione».

Secondo lei, deve lasciare il Nazareno?

«Ho visto il precedente di Ciriaco De Mita, che fu al tempo stesso presi¬dente del Consiglio e segretario di un grande partito come la De. Decideranno Renzi e la direzione, ma sarebbe opportuno che i due ruoli restassero autonomi, perché l’identificazione trasforma il partito nel comitato elettorale di un leader».

Pensa che Renzi voglia andare a votare?

«Quel che voglio dire è che i premier passano, è importante invece che il Pd resti e che sia in forze. In un Paese di partiti personali e leaderistici il nostro è una anomalia felice ed è bene che rimanga tale. È un problema che Renzi ha ben presente, ne sono certo».

Se dovesse riaprirsi la partita della segreteria chi sarebbe in campo? Letta, Bersani, Zingaretti?

«Questo è il tempo del sostegno al tentativo di Renzi come premier, una fiducia che riguarda la responsabilità di perno che il Pd ha assunto e da cui non dobbiamo fuggire. Letta e Bersani però hanno ancora molto da dire nella politica italiana. Questo è un film di avventura e loro avranno un grande ruolo da protagonisti».

Il finale?

«Non lo abbiamo ancora visto».


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