Nel nostro ordinamento il voto di fiducia al governo o a un singolo ministro ha sempre un valore politico, politica è la sua natura, politici sono i suoi effetti.
Oggi, la presenza in Aula del Presidente del Consiglio, che ringrazio molto per il suo bell’intervento, accentua il carattere politico del voto sulla mozione di sfiducia che il Movimento 5 Stelle e SEL hanno presentato nei confronti del ministro Alfano sul caso dell’espulsione della cittadina kazaka Alma Shalabayeva e di sua figlia Alia.
Una storia di gravità inaudita, come l’ha definita il Presidente della Repubblica.

I senatori del Partito Democratico voteranno contro la mozione di sfiducia e lo faranno con la piena coscienza della necessità di assicurare continuità all’azione del governo, ma anche sapendo quanto il caso delle due cittadine kazake sia ben lungi dal potersi considerare chiuso.

Solo una verità completa può consentirne l’archiviazione, solo una piena trasparenza sui fatti, sul cui reale svolgimento apprendiamo ogni giorno dai media nuovi particolari, sul rispetto delle leggi, sul funzionamento della catena di comando e, soprattutto, su quali forze, quali interessi, quali connivenze abbiano mosso come burattini le forze di polizia italiane verso obiettivi tuttora ignoti al Parlamento.

In quest’Aula non ho certo bisogno di spendere molte parole sulla necessità di buon governo per l’Italia del 2013. Lo ha ricordato molto bene il presidente Letta.

I dati drammatici della Banca d’Italia sulla gravità della crisi e il documento ISTAT sul continuo aumento del numero di cittadini italiani in condizioni di povertà assoluta, sono la conferma più evidente della necessità che il governo continui senza interruzioni la sua opera.

Le ragioni per le quali tre mesi fa il Partito Democratico ha concorso a dare all’Italia un governo presieduto dal suo vice Segretario nazionale, non sono venute meno.
Sappiamo che il lavoro da fare è ancora lungo e intendiamo proseguire a sostenere l’opera di risanamento con la nostra azione politica e il nostro appoggio parlamentare.

Queste sono le valutazioni che ci portano a confermare con convinzione la fiducia al governo Letta e, conseguentemente, a respingere la mozione di sfiducia di due partiti di opposizione nei confronti dell’onorevole Alfano, Ministro dell’Interno.

All’interno di questo quadro politico, però, è nostro dovere esprimere pubblicamente, qui in Parlamento, un giudizio molto severo sull’espulsione dall’Italia verso il Kazakistan di Alma Shalabayeva e di sua figlia, sulle modalità in cui è avvenuta, sulle conseguenze sulle due donne, sulle responsabilità degli apparati e dell’autorità politica.

Si, anche sulle responsabilità politiche dell’autorità politica, signor Ministro Alfano.
In una democrazia sana, tutti gli atti della pubblica amministrazione (specie se rilevanti come l’espulsione di una donna adulta e di una bambina verso un paese di ben poca democrazia) debbono poter essere riferiti, oltre che agli autori materiali, anche al potere politico, al quale va sempre attribuita la responsabilità dell’indirizzo e del controllo della gestione degli organi amministrativi.

Questa, onorevole Alfano, non è responsabilità oggettiva (concetto che ho sempre detestato) ma è la Costituzione della Repubblica italiana.

Ringrazio molto la senatrice Josefa Idem per il gesto di generosità politica che ha voluto compiere con le sue dimissioni di poche settimane fa.

Nel caso kazako, i fatti conosciuti sono francamente inaccettabili non solo per noi senatori democratici, ma per tutti gli italiani, di destra, di centro o di sinistra.
Si tratta di atti che hanno leso l’onore dell’Italia in tutto il mondo.

Non voglio qui rifare la cronaca sgradevole di quei giorni.
Ma la stessa relazione del Capo della Polizia che è stata letta in quest’Aula martedì scorso, ha messo in luce come per 24 ore a Roma, a fine maggio, un’operazione della polizia italiana, con ampio schieramento di forze, si sia svolta totalmente sotto il controllo e la direzione di diplomatici kazaki, con l’esito che sappiamo, l’espulsione a tempo di record di una donna e di una bambina, l’aereo privato usato per il loro trasporto, le denunce di maltrattamenti.

E poi le settimane passate nell’inerzia.
Solo il grande scandalo ha scosso le autorità e promosso i primi accertamenti.
Oggi abbiamo appreso da un grande quotidiano (spero che non sia vero) che, addirittura, l’ordine del blitz sarebbe stato impartito telefonicamente alla polizia da un diplomatico kazako che si trovava nella stanza del Ministero dell’Interno.

La vicenda della signora Shalabayeva e di sua figlia ha anche prodotto le dimissioni del prefetto Giuseppe Procaccini dall’incarico di Capo di gabinetto del Ministro dell’Interno.
Mi ha colpito il modo con cui il dottor Procaccini ha rassegnato le sue dimissioni.
In quella circostanza ha raccontato che il ministro Alfano, nel chiedergli di ricevere al Viminale l’ambasciatore kazako, gli aveva spiegato che si trattava di cosa molto delicata.
Questo passaggio non è chiaro.
Per una piena trasparenza dei fatti è importante che il Ministro spieghi nel dettaglio come, ancor prima dell’incontro tra Procaccini e l’ambasciatore, già sapesse che i problemi che l’ambasciatore intendeva sottoporre al Viminale erano molto delicati.
Se il Ministro (che non ha voluto incontrare l’ambasciatore) sapeva che al suo Capo di gabinetto sarebbero state sottoposte questioni molto delicate, doveva anche conoscere qualcosa sul perché di tanta delicatezza.

A me pare che questo chiarimento sulle ragioni dell’intera operazione, che finora non c’è stato, sia essenziale per cominciare ad avvicinarsi alla verità.
Perché i punti da chiarire non sono solo i possibili ‘errori’ della polizia e il blocco cognitivo di cui ha parlato il prefetto Pansa.

C’è da capire quali argomenti, quali interessi, quali manine o manone, abbiano messo in moto la macchina investigativo-repressiva della polizia italiana.

Anzi, diciamo pure che questo è il primo e più rilevante mistero da chiarire, essendo evidente che una così ampia trama, tanta rapidità, tanti mezzi, non sarebbero stati possibili senza una ‘committenza’ economica o politica, probabilmente obliqua, di grande rilievo.

Perché vede, signor Ministro, abbiamo a che fare con un paese che gronda di gas, con un presidente con fama di despota, con un oppositore anche lui di incerta nomea ma con asilo politico in Gran Bretagna e con una pena in carcere da scontare, inseguito da mandati di cattura russi e kazaki.
Poi ci sono le due donne estradate dalla polizia italiana che è apparsa muoversi agli ordini di un ambasciatore straniero e trasportate a forza in un paese nel quale i diritti umani sono continuamente calpestati e che le considera moglie e figlia di un potente oppositore del regime.

C’è troppo mistero, troppi soldi, troppo malaffare, per non obbligarci a chiedere a tutti, anche al governo, di aiutarci a capire, a fare chiarezza.
Chiarezza non è soltanto un’esigenza di legalità e di trasparenza. Ringrazio il senatore Manconi e la Commissione per i diritti umani del Senato per il loro lavoro.

Chiarezza richiedono certamente anche le forze di polizia, la cui democraticità è fuori discussione, ma che non debbono restare col dubbio d’essere state utilizzate a fini non di giustizia.
Questo è un punto molto importante.
Le forze di polizia sono organismi delicati e sensibili.
È nostro dovere tutelarle con la più assoluta linearità di indirizzo, dedicandoci con molta dedizione e molta generosità alla loro cura.
Lo dico per inciso, onorevole Alfano, ma forse può essere utile valutare se nelle 24 ore della sua giornata ci sia sufficiente tempo per la Segreteria del suo Partito, la vice presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno.

Dirigenti importanti della Polizia di Stato sono stati indotti o hanno deciso di lasciare i loro incarichi in relazione allo svolgimento dei fatti della vicenda kazaka.
Lasciare il proprio incarico in determinate circostanze rientra tra i doveri dei servitori dello Stato.

Nel momento in cui, nonostante molto sia ancora poco chiaro, respingiamo la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Alfano, dobbiamo anche ricordare che servitori dello Stato debbono esserlo non solo i funzionari pubblici, ma anche i ministri della Repubblica.


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