di Luigi Zanda
lettaueAl netto della crisi finanziaria mondiale, molta parte del dramma dell’Italia, è nella spesa pubblica e nel debito pubblico. Tutti i governi hanno sinora tentato di ridurre la spesa con tagli lineari. Incidere in modo mirato sulle spese improduttive imporrebbe un cambiamento radicale dell’intero impianto del bilancio dello Stato e negli ultimi decenni nessuno ci è mai riuscito.

Data la rilevanza di questo tema – che non dobbiamo e possiamo ignorare – ho posto la questione direttamente al presidente Letta nel corso del question time al Senato. Abbiamo un debito di oltre 2.000 miliardi di euro, pari al 130% del Pil, accumulato in gran parte dal 1981. Se le risorse buttate in debito pubblico le avessimo investite in infrastrutture, innovazione, scuole, università, ricerca scientifica, sicurezza, modernizzazione delle reti, oggi saremmo un Paese più ricco e più forte. Adesso non si può certo abbattere di colpo una così grande montagna di miliardi di debito.

È tuttavia doveroso chiedere al Governo quale strategia di medio periodo serva all’Italia. Se convengano limitate correzioni virtuose, anno dopo anno, della spesa pubblica. O sia meglio puntare tutto sullo sviluppo. Oppure se convenga un piano ambizioso di privatizzazioni. Oppure se sia necessario un mix di tutte queste soluzioni.
E infine. Saremo in grado di mantenere l’impegno collegato al Fiscal Compact della riduzione del debito per i prossimi venti anni fino a raggiungere il 60% del PIL?

A Enrico Letta non possiamo chiedere miracoli che non può fare. Gli chiediamo, però, di indicarci le strade e i tempi necessari per abbattere il nostro mostruoso debito pubblico.