Ma la maggioranza che fa? E’ ora che suoni la sveglia a tutti
‘Neuro linguistic programming”. Si chiama proprio così. Secondo Wikipedia è una tecnica che fece le sue prove nell’America degli anni Settanta. Prometteva il successo «cambiando i propri schemi di comportamento mentale ed emozionale». Insomma, se riesci a programmare sentimenti e linguaggio, i tuoi sogni si avvereranno. Detto fatto. Gianroberto Casaleggio ha affittato un certo numero di “programmatori” esperti in Nlp e li ha messi a disposizione dei 5 stelle. Qualcosa però non ha funzionato, forse un corto circuito nella programmazione. Fatto sta che quelli han detto: eh via! Tutti in alto sui banchi del governo, e ancora più su, dove siede quella Laura Boldrini in Robespierre, che ha portato la ghigliottina fin dentro Montecitorio! Vuoi che le dispiaccia? Sì, le è dispiaciuto. Come è dispiaciuto ad Alessandra Moretti che un “cittadino” l’abbia paragonata alla Gradisca, musa felliniana che non poteva dir no al Potere e al Principe. La programmazione neuro linguistica dunque scricchiola e Beppe Grillo è costretto a marciare su Roma. Però indossa i panni del Papa Buono e dice ai suoi guerrieri: «Basta con le parolacce (io sono un comico, le uso meglio di voi) tornate in Parlamento, mandate dei fiori alle deputate offese e date, da parte mia, una carezza ai partiti… che tanto sono morti». Ma quelli capiscono che devono invitare la presidente della Camera a fare un giro fuori porta, in macchina, con strascico di quiz e lazzi sessisti. Rien ne va plus! Secondo Ivan Catalano è tutta colpa della Neuro linguistic programming. Perciò il deputato a 5 stelle chiede a Casaleggio di riprendersi i consulenti. Passata è la tempesta. Mettiamola così: l’aula di Montecitorio è ritornata l’agorà d’Italia. Martedì 4 febbraio i deputati hanno votato la fiducia, sfilando in modo quasi composto sotto la presidenza, ma ognuno portando con sé un simbolo, come i cavalieri medievali portavano una cravatta colorata I parlamentari di Sel tenevano in bella vista una copia del libro di Augias, che un grillino aveva bruciato. I cittadini a 5 stelle blandivano il regolamento della Camera, per dire che là non hanno trovato cenno di ghigliottina. E la Lega? Certo, i leghisti si sono agitati, con cartelli e manette. Rassegnamoci: non può mancare, nella nostra agorà, un gruppo esiguo che speculi su ansie e paure. Torna il colpo di Stato. Beppe Grillo denuncia un attentato ai diritti dell’opposizione, chiede dimissioni per la presidente della Camera, rea di aver risposto agli insulti, dunque di non esseie più super partes. E la messa in stato d’accusa del Presidente della Repuhhlica: avrehbe tradito la Costituzione, arrogandosi compiti che non gli spettavano. Non gli spettavano? Certo, Napolitano sarebbe potuto andare a Strasburgo con un compitino su Altiero Spinelli tutto coniugato al passato. Invece ha chiesto all’Europa di cambiar politica. Perché la linea del debito zero soffoca l’Italia e non solo. L’aula sembra averlo inteso ma alcuni leghisti si sono messi a strillare, ad agitarsi in modo scomposto. Sono noti, in Europa, i nostri leghisti. Pochi giorni fa un deputato belga, Marc Tarabella, ha apostrofato Salvini dandogli, in perfetto italiano, del ‘fannullone assenteista’. Ma questa è un’altra storia. Tornando al colpo di Stato, un tempo era l’invitato permanente nel nostro confronto democratico. 1960, con Tambroni al governo e un congresso fascista a Genova. Nel 1964 quando Pietro Nenni sentì «rumor di sciabole», mentre un generale col monocolo si aggirava curiosamente tra Quirinale e Caserme. 1970, si ode il canto del cigno di un Principe, residuato bellico, con codazzo di spioni infedeli, guardacaccia e amici mafiosi. Ancora nel 1974 qualche dirigente della sinistra fu indotto a domine fuori di casa: timore infondato, ma negli occhi restava il ricordo dei fatti del Cile. Di lì a poco, nacque Repubblica, il giornale. E l’agorà, il luogo dove discutere, quello in cui rappresentare i mali d’Italia per cercare soluzioni, divenne cartacea. Poi televisiva. Mentre il regime nato dalla Resistenza, dalla Ricostruzione dei monopoli edal patto costituzionale, cominciava davvero a deperire, tra solidarietà nazionali impossibili e tentativi di modernizzazione sempre falliti. Per quarant’anni non si è più parlato dì golpe. E allora persino il ritorno di quel vecchio fantasma, forse indica che qualcosa sta di nuovo per succedere. Che la nostra democrazia è tornata contendibile. Chissà, magari pure riformabile. Il flauto magico. Ma la maggioranza che fa? Possìbile che il ministro per i rapporti con il Parlamento non abbia previsto che figuraccia si sarebbe fatta a incollare insieme Imu e ricapitalizzazione della Banca d’Italia, appena pochi giorni dopo il monito del Quirinale contro i decreti disomogenei e perciò incostituzionali? E Letta? Va bene, mezzo miliardo dal Kuwait alla Cassa depositi e prestiti è sempre meglio di niente. Ma ci vuol altro per inibire il ‘disfattismo’ di Confindustria, se il giorno prima la Malstrom ha ricordato come 60 miliardi se lì fumi la corruzione, e Tajani (sì, persino Tajani) ha bacchettato l’Italia perché paga le imprese dopo 6 mesi e non dopo 2. Direi che maggioranza, governo e Pd di maggioranza e di governo, sembrano avere la testa altrove. Si chiedono allucinati se ci sarà il rimpasto e se Renzi davvero se ne resterà a Firenze. E che ne sarà di noi, senza il Senato. E che succederebbe se avessero ragione i sondaggisti e il pregiudicato decaduto mettesse insieme quasi tutti i residui della seconda repubblica fino a conquistare il 37 per cento e il premio al primo turno? Con gli occhi in bambola, tutti rivolti verso il flauto di Matteo Renzi, che promette in un mese quel che non si è tatto in anni. Va bene, è il segretario. Va bene, promette di fare in qualche settimana cose che non si facevano da anni. Capisco, ma è ora che la sveglia suoni.