“Alcune considerazioni sulle misure da adottare nei confronti del regime egiziano, di fronte al suo persistente atteggiamento di grave ambiguità e reticenza a proposito della morte di Giulio Regeni”.
Così il senatore del Partito democratico Luigi Manconi in un comunicato spiega il perché della richiesta di richiamo per consultazione dell’ambasciatore italiano in Egitto.
“Si è fatta molta confusione in queste ore intorno al possibile provvedimento di richiamo per consultazioni dell’ambasciatore italiano in Egitto – sottolinea l’esponente pd –  Sempre, e già nella conferenza stampa al Senato di martedì scorso, sono stato bene attento a parlare di “richiamo per consultazioni”, aggiungendo – ne fa fede la registrazione – che rappresenterebbe altra e diversa cosa rispetto al “ritiro” dell’ambasciatore. E, infatti, si tratta di due misure del tutto differenti, e solo della prima i legali della famiglia Regeni, gli stessi genitori e io abbiamo parlato, il richiamo corrisponde all’assunzione di un atto che, nel linguaggio delle relazioni internazionali, ha un suo inequivocabile significato (altro che “mero gesto simbolico”). Comporta mettere in mora le relazioni fra i due Stati, allontanare temporaneamente l’ambasciatore italiano dalla sua sede e, di conseguenza, fare pressioni diplomatiche particolarmente incisive sul Governo egiziano.  Il richiamo temporaneo dell’ambasciatore per consultazioni è la scelta che il Governo italiano può adottare per comunicare, nella maniera più esplicita, che la misura è ormai colma e che si sta facendo sul serio. La nostra ambasciata a Il Cairo non resterebbe affatto “sguarnita”, ma sarebbe più attiva che mai e proprio perché impegnata nel garantire un assiduo monitoraggio di quanto accade nel Paese Nord africano, nell’assicurare rapporti tra la nostra Rappresentanza e l’Italia, nell’assumere un profilo quanto mai determinato. Il ritiro significherebbe, invece, la rottura totale e immediata dei rapporti politici, diplomatici e istituzionali con l’Egitto. Cosa che oggi è certamente prematura: e potrebbe risultare persino controproducente. La seconda considerazione che mi sento di fare riguarda la tentazione, monotonamente reiterata in simili circostanze, di proporre sempre un “invece”. E così molti si sentono in dovere di dire cosa essi farebbero “invece” di richiamare l’ambasciatore in Italia”.
“E se, al contrario, con pazienza e sobrietà si proponessero misure capaci di integrare e rafforzare quelle già proposte? Nessuno, evidentemente, ha una ricetta miracolosa in tasca. Ma in tanti si affannano a stracciare quella attribuita ad altri senza averne una alternativa da proporre” conclude Manconi.


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