“In Italia non c’è consenso sulla possibilità, più volte ventilata in Parlamento, di regolamentare la prostituzione per renderla un’attività economica come le altre, ma anzi il nostro Paese potrebbe muoversi verso una legislazione più restrittiva, sul modello neo-abolizionista della Svezia e di altri paesi del Nord Europa, che si è rivelato il più efficace nel contrasto alla prostituzione e ai fenomeni illegali correlati, tratta compresa. E’ quanto emerge dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla prostituzione che abbiamo approvato oggi nella Commissione Affari costituzionali”. Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente, capogruppo dem in commissione Affari costituzionali e presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e la violenza di genere.
“L’indagine conoscitiva – spiega Valente – è stata finalizzata a verificare l’efficacia della normativa attualmente vigente in Italia per contrastare tutte le attività illegali connesse alla prostituzione. Per questo abbiamo approfondito anche le ricadute sociali dei principali modelli europei di legislazione. In Italia oggi, attraverso la legge Merlin, vige un modello abolizionista, che pur non colpendo la prostituzione in quanto tale punta a sanzionare tutte le attività illegali che gravitano attorno al fenomeno. Più volte si è pensato di regolamentare la prostituzione come un’attività economica ordinaria. Tuttavia questa opzione, che è stata esclusa dalla sentenza 141/2019 della Corte costituzionale, non ha trovato il consenso dei soggetti auditi. E’ invece emerso come l’approccio neo-abolizionista della Svezia che punta a scoraggiare la domanda e tiene conto dei diritti fondamentali dei soggetti vulnerabili e della parità di genere sia il più efficace per contrastare lo sfruttamento della prostituzione e la tratta degli esseri umani”.