“Gli incendi degli impianti di stoccaggio dei rifiuti non sono casuali e possono essere prevenuti soltanto attraverso il coordinamento tra le diverse istituzioni preposte a vigilare  sulla sicurezza sul lavoro, sulla tutela della salute e sulla salvaguardia dell’ambiente, fino ad arrivare alla chiusura in caso di inadempienze. Ora invece spesso la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra. E’ quanto emerge con chiarezza dalle audizioni che abbiamo svolto oggi in Commissione Ecomafie sul rogo di Pomezia, prima del direttore generale dell’Arpa Lazio e poi del pm di Velletri titolare dell’indagine sull’incendio del 5 maggio. Tutto questo mentre è andato in fumo un altro impianto a Foggia, dopo Pomezia e Forlì. Tre incendi in 15 giorni devono far scattare l’allarme rosso”. Lo dice la senatrice Laura Puppato, capogruppo del Pd nella Commissione Ecomafie.
“I vigili del fuoco – prosegue Puppato – avevano intimato all’azienda di Pomezia una serie di prescrizioni tra cui: realizzare un impianto d’aspirazione interno per i fumi, inserire barriere e porte tagliafuoco, realizzare l’impianto antincendio. Ma l’impresa, seppure inadempiente con grave pericolo per la salute dei dipendenti, ha continuato ad operare, ed è stata addirittura ceduta nel 2014. Non solo, per le inottemperanze alle prescrizioni, nel 2015 è stato addirittura condannato l’amministratore, probabile prestanome tal Fabio Soddu. Mentre nell’impianto continuavano ad accumularsi molti più rifiuti del consentito e soprattutto senza che nessuno ne intimasse la chiusura, giacché gravemente privo di ogni elemento di tutela e garanzia sia ambientale che sanitaria. Ciò che sta emergendo è che questi impianti realizzano il loro guadagno già al momento dell’arrivo dei rifiuti, dunque la lavorazione del materiale o il suo smaltimento è solo un costo e persino un incendio può risultare conveniente per i più criminali o almeno spregiudicati. E’  proprio per questo che i controlli devono essere attuati secondo gli standard previsti dai LEPTA (Livelli Essenziali di protezione ambientale), arrivando nei casi limite fino alla chiusura dello stabilimento. Lo confermano i fatti di Foggia, appena accaduti: ad andare a fuoco, oggi, è stata un’azienda agricola, una serra appena acquistata da un casertano, che l’ha utilizzata come deposito di rifiuti.”

 

 


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