‘Con la relazione sul Veneto, presentata oggi, la Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti certifica che, per la bonifica di Porto Marghera, contro lo Stato e i cittadini c’è stata, oltre il danno, anche la beffa. Finora, infatti, sono stati spesi più di 780 milioni di euro per la perimetrazione del Sito di Interesse Nazionale (Sin) in 15 ‘macroisole’. Ma non solo la bonifica non è terminata, non solo come sappiamo – grazie alle indagini e al processo sul Mose il Consorzio Venezia Nuova ha distolto gran parte dei fondi – ma oltre tutto il lavoro è stato fatto in modo scriteriato e solo funzionale all’interesse di mandatari ed esecutori. Non certo della laguna, infatti il sistema di marginamento non è stato completato in nessuno dei 15 lotti, lasciando per 15 anni che pesanti inquinanti continuassero la loro azione nefasta di sversamento in Laguna, ai danni della salute dei cittadini e causando ulteriori erosioni, Un disastro per la laguna, per Venezia, per la nostra Regione, per l’Italia’. Lo dice la senatrice Laura Puppato, capogruppo del Pd nella commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, eletta in Veneto.
‘Il Magistrato delle acque – spiega Laura Puppato – ha affidato, in forza di una Convenzione, in concessione esclusiva e senza gara al Consorzio Venezia Nuova la progettazione, la sperimentazione e l’esecuzione di tutte le opere finalizzate al riequilibrio idrogeologico della Laguna, all’arresto e all’inversione del degrado del bacino, all’eliminazione delle cause dell’inquinamento, all’attenuazione dei livelli delle maree, alla difesa del centro storico attraverso il Mose. La sola bonifica, costata finora più di 780 milioni di euro, di fatto non c’è stata. La percentuale del 94% dei lavori eseguiti ha illuso molti e noi stessi abbiamo pensato fosse comunque fatto un lavoro utile a stoppare gli inquinanti, ma abbiamo amaramente scoperto che invece quel lavoro vale zero. I varchi esistenti a macchia di leopardo dicono che il sistema non è stato chiuso, e il 6% per cento dell’opera ancora da realizzare costerà il 30% del totale già speso, perché si tratta della parte con i sottoservizi e dunque più complicata da chiudere, per un valore di altri 250 milioni di euro. Lo stesso collaudo delle opere è stato ‘spacchettato’ in microcollaudi, affidati agli stessi ‘controllori’: dirigenti apicali dei ministeri e della Regione Veneto, soldi che si sono risolti in verifiche di conformità, non funzionali, dunque inutili. Inoltre, mentre il contratto quadro del ’91 prevedeva che il 16 per cento delle opere venisse appaltato a imprese venete esterne al Consorzio Venezia Nuova, dalla nostra indagine è emerso che tutti i lavori sono andati all’Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani spa e all’azienda romana So.Co.Stra.Mo di cui era socio e di fatto amministratore Erasmo Cinque, coinvolto insieme con Altero Matteoli nel procedimento penale in cui la Procura di Venezia contesta all’ex ministro il reato di corruzione continuata per atti contrari ai doveri d’ufficio e per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio dello stesso senatore. Per le imprese venete sulla carta garantite dalla Regione, zero lavori. Nel complesso una vicenda tragica per i suoi effetti: lo Stato dovrà pagare molto per terminare la bonifica, ma intanto tutti gli inquinanti principali provenienti dall’industria (arsenico, cromo, mercurio, nichel), oltre a rappresentare un pericolo per la salute, hanno continuato il loro processo di erosione ai danni di Venezia’.

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