“Ci tenevo a presentare questo libro, che parla di una strage
dimenticata, quella del 2 aprile 1985 di cui quest’anno ricorrono i 40 anni, nella
quale sono morti due bambini e una mamma, che portava i figli a scuola, la cui
macchina ha fatto da ‘scudo’ al magistrato Carlo Palermo, obiettivo della strage. E’
importante ricordare come questi due bambini stessero facendo la cosa più normale del
mondo, andare a scuola e la loro sorellina, Margherita, è rimasta viva per caso
perché era andata con un’amichetta qualche minuto prima. Come sempre dice lei, ‘sono
rimasta viva per raccontare questa storia’”. Così Vincenza Rando, senatrice Pd,
responsabile Legalità e lotta alle mafie del Partito democratico, che a Palazzo
Madama ha presentato il libro “Sola con te in un futuro aprile” di Margherita Asta e
Michela Gargiulo. “2 aprile 1985, ore 8.35. Un’autobomba esplode a Pizzolungo, vicino
Trapani. Il bersaglio dell’attentato, il giudice Carlo Palermo, è vivo per miracolo.
A fargli da scudo è l’automobile di Barbara Asta che sta accompagnando a scuola i due
figli di 6 anni, Giuseppe e Salvatore. Dei loro corpi non resta quasi niente – si
legge nella presentazione del volume pubblicato da Fandango Libri -. Su quella
macchina avrebbe dovuto esserci anche l’altra figlia, Margherita, che quel giorno ha
10 anni. Ma i suoi fratellini non volevano saperne di vestirsi, per non fare tardi ha
chiesto un passaggio a un’amica. Anche lei da quel momento è una sopravvissuta.
Quando ha saputo il nome di quel giudice, Margherita ha pensato che fosse colpa sua
se la sua famiglia era stata disintegrata. Ma crescendo ha voluto capire, ha iniziato
a seguire il processo sui mandanti della strage. Il suo strazio non poteva rimanere
un fatto privato. Oggi è un’attivista di Libera, combatte la mafia raccontando la
storia di quelle vittime innocenti. Il giudice Palermo, invece, per le conseguenze di
quell’attentato e le continue minacce ha lasciato la magistratura. Sono riusciti a
incontrarsi solo molti anni dopo, ricomponendo in un abbraccio i frammenti del loro
destino”. “Questo libro – sottolinea la senatrice – non racconta solo la storia di
una famiglia che è stata totalmente distrutta, ma anche la storia di quel momento, di
quelle stragi: si ‘doveva’ uccidere un giudice, arrivato a Trapani da poco da Trento,
perché stava facendo un’indagine importante che svelava connivenze precise sul
traffico delle armi, sul traffico della droga. Un giudice che dava fastidio, che non
‘doveva’ andare oltre. Raccontare questa storia in un luogo come il Senato, anche
tramite la voce di una bambina ora diventata donna, che ci dice sempre come il
diritto alla verità non si deve solo a lei e alla sua famiglia ma anche al Paese,
perché conoscere la verità su cosa successe in quel momento serve a tutti noi”.