Obiettivi condivisi tra dipendenti e imprese per aumentare la produttività
Che Renzi non stesse alla Cgil come Epifani e Bersani era cosa nota. Che il sindaco di Firenze avesse un`idea delle relazioni con le parti sociali «più spiccia» e meno concertativa dei suoi predecessori altrettanto. Ma, nonostante tutto, la frase sui «sindacati che devono cambiare» pronunciata del neo-segretario del Pd a poche ore dalla sua vittoria alle primarie ha fatto rumore. Se non altro perché poi ci si è interrogati sul come. E soprattutto sull`impatto che tutto questo potrebbe avere sulle politiche del lavoro. Libero ha chiesto a Giorgio Santini, è stato segretario generale aggiunto della Cisl e oggi è senatore del Pd e componente della V Commissione Bilancio di Palazzo Madama, di approfondire le parole del primo cittadino fiorentino. Santini, sente aria di cambiamenti?
«Guardi, se volete sapere cosa intendesse dire Renzi nello specifico dovete provare a chiederlo a lui. Se, invece, il discorso si sposta sul generale, io penso che ci fosse un riferimento non solo alle parti sociali ma anche alla politica perché remino insieme nella direzione dell`ammodernamento.  Del resto i risultati non eccezionali delle politiche sociali e del lavoro negli ultimi venti anni sono sotto gli occhi di tutti». Andando sul concreto?
«Guardi, nell`incontro che ha avuto con noi parlamentari, il segretario ci ha invitato ad affrontare la sfida della responsabilità».
Che declinata sul lavoro come si traduce?
 «Io penso che nell`immediato non si possa sfuggire da un dato: la mancanza di risorse. Insomma, l`unico modo per cambiare qualcosa è spostare le risorse dagli sprechi, anche attraverso la spending review, alla riduzione della tassazione sul lavoro e agli interventi sulla ricollocazione. Dobbiamo tornare a dare centralità all`occupazione».
 Basta ridurre le tasse?
«Certo che no. È tutto il sistema che deve remare nella stessa direzione. Ripeto l`occupazione e gli investimenti dovrebbero venire prima di tutto. Penso alla necessità di rendere più snelli i codici del lavoro affinché ‘non spaventino’ gli investitori stranieri, penso al piano Garanzia i giovani (1,5 miliardi di euro che tra il 2014 e il 2015 dovrebbero arrivare dall`Europa per aiutare i giovani a formarsi e trovare un lavoro ndr) e agli sforzi che ancora devono essere fatti sull`apprendistato».
Anche perché quelli fatti finora non hanno dato grandi risultati…
«Proprio Renzi ci ha portato come esempio di buon funzionamento l`apprendistato tedesco. Quella è la strada da seguire, ma il problema è che la nostra riforma è arrivata negli anni della crisi più profonda e quindi non è riuscita ad impattare sull`occupazione nel modo che un po` tutti speravano».
Poi c`è il problema di incentivare la contrattazione aziendale anche per far crescere i salari…
«Nel 2009 è stata fatta una riforma, poi però la crisi si è accentuata e gli ammortizzatori sociali sono diventati la vera priorità. Per il futuro io vedo una maggiore partecipazione dei lavoratori nelle imprese con lo sviluppo di forme di co gestione».
In che senso?
«Nel senso che se si parte dalla ricerca della produttività e della qualità del lavoro, poi si arriva anche a definire dei risultati condivisi da raggiungere con reciproca soddisfazione. Questo sarebbe un vero cambio di passo. E guardi che le parti sociali ne parlano da anni».

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