«Votare la manovra in dodici ore non è un vulnus democratico, ma il Parlamento ha perso molto peso negli anni, c`è da riflettere». Caterina Bini, senatrice pd e da aprile sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento è alla sua prima legge di Bilancio dall`altra parte: quella del governo. Oramai la manovra è diventata monocamerale.

Un «grave problema sistemico», come dice il presidente della Camera Fico?

«Un problema molto serio. Lo dico da esponente pd che voleva il superamento del bicameralismo. Ora lo abbiamo nei fatti».

Ed è un bene?

«È un male. La riforma del 2016 puntava a un passaggio solo per snellire e non impantanare il percorso legislativo. Qui invece stiamo scegliendo una Camera che discute e l`altra che ratifica. Abbiamo una media di 7-8 decreti legge pendenti da convertire in 60 giorni. E mentre ne approviamo due, ne arrivano altri due o tre dal governo. Già avveniva in parte, ma la pandemia ha acuito il problema. I parlamentari si sentono oramai privati di responsabilità».

Eppure non rinunciano alla pioggia di micro-norme.

«Abbiamo cercato di contenerle, ma in parte almeno è fisiologico».

Cos`è successo sul Superbonus? Avete rischiato il blocco?

«I pacchetti di emendamenti riformulati sono arrivati tutti insieme. Molte cose non tornavano, c`era fretta, la paura di non farcela ed entrare in esercizio provvisorio. Tutto questo ha imballato il meccanismo: scattano nervosismi e cortocircuiti, fa parte del gioco. Alla fine è stato fatto un buon lavoro. E il Superbonus è il tema più sentito dalla società, come pure la scuola: normale che ci abbia impegnato di più».

Dodici ore per licenziare una legge di bilancio è da record.

«Solo perché alla fine si guarda al tempo passato a votare. Ma quando si vota, si raccoglie il frutto di un lunga mediazione politica. E quest`anno è stata laboriosa, tra bilaterali con i partiti, riunioni di maggioranza, incontri al Mef per far quadrare le coperture».

Come giudica questa manovra?

«In modo positivo. Ci sono tante misure che riguardano settori o persone in difficoltà. Penso a disabili e autismo. Ma anche ai 25 milioni in due anni per i disturbi alimentari. Per la prima volta all`interno dei Lea si crea un`area specifica della cura che non sia quella dei disturbi mentali. Era ora, con 4 mila morti all`anno, 10 al giorno, prima causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. Dedico questa misura a Stefano Tavilla, papà di Giulia, morta a 17 anni per bulimia, mentre era in lista d`attesa per un ricovero. E alla psichiatra Lisa Guidi che mi ha fatto conoscere questo problema e alle sue ragazze». –


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