Passi avanti, non risolutivi». E’ un bicchiere mezzo pieno(o mezzo vuoto) quello che Andrea Ferrazzi vede nella bozza di accordo finale della Cop26 sui cambiamenti climatici. Il senatore veneziano del Pd è il delegato del Parlamento italiano a Glasgow.

Perché non ritiene del tutto soddisfacenti le conclusioni di Glasgow?

«L`impegno dev`essere quello di contenere l`aumento della temperatura media del pianeta al massimo di 1,5 gradi entro il 2100, rispetto all`epoca pre-industriale. Tutti gli scienziati sono concordi nel ritenere questo limite assoluto, oltre il quale la situazione non sarebbe più gestibile. Eppure la bozza del documento finale della Cop cita questo limite come non vincolante, parlando invece di 2 gradi. Non può bastare, anche tenendo conto che già oggi siamo a un più 1, 1 rispetto all`era pre-industriale. Non stiamo neppure rispettando gli impegni presi a Parigi nel 2015. Di questo passo, nel 2030, rispetto a12010, aumenteremo le emissioni di gas serra de113, 8%. Secondo aspetto su cui sono critico: non si stabilisce il 2050 come anno di azzeramento delle emissioni di gas serra, ma si parla di metà del secolo in maniera generica».

Però i giornali parlano dell`intesa Usa-Cina come di un`importante svolta. È così?

«La Cina ha stabilito il 2060 come anno di azzeramento delle emissioni, così come la Russia. L`India addirittura il 2070. Resisi conto di questo paradosso, hanno sottoscritto la notte scorso questo accordo bilaterale Usa-Cina (Paesi che insieme producono il 45% delle emissioni globali) per accelerare. Attenti però. Il Washington Post nei giorni scorsi ha fatto un`indagine molto argomentata da cui emerge che i dati comunicati dai governi sulla mitigazione ambientale si discostano totalmente dalla verità. Una delle questioni cruciali è quella della trasparenza dei dati. Su cui, alla fine, ci vuole un controllo sovranazionale».

La notizia di oggi è che l`Italia ha aderito a un`intesa per uscire dalla produzione di gas e petrolio.

«Qui non stiamo parlando del documento conclusivo della Cop ma di una serie di accordi multilaterali che si stanno firmando in questa sede. Questo che lei cita è senz`altro un salto di qualità fondamentale, perché non solo impegna gli Stati come l`Italia a non investire più nei combustibili fossili ma anche a non farlo all`estero».

Altri risultati positivi?

«Lo stop alla deforestazione entro il 2030, decisione molto ampia cui hanno aderito, fra gli altri, anche la Cina e la Russia, con un impegno di 12 miliardi di dollari per la riforestazione a livello mondiale, in particolare in Amazzonia, nel bacino del Congo e in Indonesia. Punto questo di straordinaria importanza. Le faccio un esempio per capirci. Immagini una vasca da bagno in cui hanno lasciato il rubinetto aperto, e l`acqua sta tracimando».

Dove l`acqua rappresenta i gas serra.

«Esattamente. Lo sforzo per chiudere il rubinetto, un po` arrugginito, diciamo così, sono le politiche di mitigazione, che rappresentano il primo dei cinque punti finali del documento. Ridurre le emissioni. Ma non basta. Devi togliere il tappo della vasca, e comunque l`acqua che defluisce è ancora meno di quella che si aggiunge. Qui entrano in gioco le politiche di captazione, il secondo punto. Dobbiamo assorbire la CO2 presente in atmosfera. Da questo punto di vista gli alberi hanno una potenza enorme. L`impegno del G20, fatto proprio dalla Cop26, è quello di piantare mille miliardi di alberi nei prossimi anni. Tenga conto che, prima della nascita dell`agricoltura, 12.000 anni fa, c`erano 6.000 miliardi di alberi sulla terra. Adesso sono 3. 000 miliardi. Le conseguenze sono drammatiche. Infine, nel mio esempio, bisogna asciugare l`acqua che è già uscita: le politiche adattive. Qui c`è il tema dei fondi per i Paesi più poveri. Quando parliamo di 100 miliardi di dollari di dazioni all`anno, non è un`elargizione, è quello che il Papa definisce un debito ecologico».

Come si sta comportando il Veneto in questo contesto?

«L`Italia sconta l`80% del dissesto idrogeologico dell`intera Unione Europea, sia per una questione orografica che per l`assenza di politiche efficaci di gestione del territorio. Se ci aggiungiamo il fatto che il cambiamento climatico ormai ha “tropicalizzato” anche il Veneto, capisce bene che non abbiamo più tempo da perdere. Vaia ha portato venti a 217 km all`ora sulle nostre montagne. Venezia è sotto di 50 centimetri sul medio mare, rispetto a 100 anni fa. Il Veneto a livello nazionale è stato sicuramente traino per lo sviluppo economico, ora lo deve diventare anche nella transizione ecologica. E quando dico transizione ecologica dico benessere, posti di lavoro, qualità della vita. Non sempre percepisco a livello politico-istituzionale in Veneto questa consapevolezza».

 


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