C’è una vicenda emblematica dell`indebolimento della leadership di Matteo Renzi. Emblematica quasi quanto la sconfitta al referendum costituzionale: è il cedimento netto, fragoroso, politico dell`ex premier e segretario del Pd sullo “ius soli temperato”. A raccontare i fatti è Andrea Marcucci, senatore dem, renziano di ferro che però, con malcelata fatica, non ha seguito l`ex sindaco di Firenze nell`avventura di Italia viva e preferisce, al momento, inspessire la componente liberal-moderata del Pd. In “Io sono liberale. Cronaca di un viaggio tra tre Repubbliche”, scritto per Piemme editore con Giovanni Lamberti – giornalista dell`agenzia Agi e tra i decani della stampa parlamentare -, Andrea Marcucci ripercorre con particolare pathos la sconfitta sulla legge per la cittadinanza ai minori. La premessa era il voto larghissimo del 13 ottobre 2015 alla Camera dei deputati: 310 sì, 66 no, 83 astenuti. Erano i giorni in cui Renzi era forte e solido a Palazzo Chigi. Si provava ad introdurre lo “ius soli temperato” (la cittadinanza per chi è nato sul territorio italiano da genitori stranieri, di cui almeno uno con permesso di soggiorno Ue) e lo “ius culturae” (la cittadinanza per il minore straniero che ha frequentato per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici). Da premier, Renzi capì presto che al Senato i numeri erano fragili e che, per lui, il vento politico stava cambiando. Provò a mediare, ma il testo si impantanò presto e rimase come scomoda eredità tra le mani di Paolo Gentiloni, chiamato a sostituirlo a Palazzo Chigi dopo il tonfo del referendum costituzionale. Marcucci ricorda la seduta furiosa di Palazzo Madama che costò, il 15 giugno 2017, un passaggio in infermeria alla ministra Valeria Fedeli e al capogruppo della Lega Gianmarco Centinaio. Renzi, racconta Marcucci, aveva ormai «mollato». A frenare, ricorda l`attuale senatore dem, erano i centristi della maggioranza e una parte del Pd. Gentiloni pensò anche alla fiducia, ma poi arrivò, anche da Renzi, «un brusco stop perché c`era una sensazione di debolezza». Poco prima del Natale 2017 l`approvazione saltò definitivamente. «Il sospetto – dice Marcucci che a quei tempi era una cosa sola con l`ex sindaco di Firenze – fu che per il Pd lo “ius soli” rappresentasse più che altro una bandiera. Un mood ricorrente nel Pd…», dice con riferimento implicito al dibattito, in questa legislatura, sull`omofobia. La testimonianza è rilevante perché Marcucci era stato, sul dossier unioni civili, l`ideatore di tutte le strategie parlamentari al Senato per abbattere l`ostruzionismo delle opposizioni. Segno che sulla cittadinanza ai minori mancò, da parte di Renzi e del Pd, una analoga volontà politica. Oggi il liberal Marcucci si mangia le mani per l`opportunità scappata via, ma non desiste dal cercare tra i dem la sua strada politica. «Se ci fosse un momento congressuale non escludo una candidatura», dice. Per rafforzare quella componente che guarda al centro e che, continua a pensare Marcucci, ha più capacità di far passare nell`elettorato moderato provvedimenti “contesi” come la cittadinanza ai minori stranieri.


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