«Il Pd inizi a guardare verso il centro», analizza il senatore Pd Andrea Marcucci alla luce delle incognite dell`M5s.

Il voto del Colle doveva stabilizzare il quadro ma sia il centrodestra che il M5s sono spaccati.

«Sono divisioni, che credo, partano da lontano e che sono incidentalmente scoppiate nei sei giorni di votazione per il Colle. Sia detto chiaramente, io non mi auguro un centrodestra a brandelli. roso dalla competizione irrefrenabile tra Salvini e la Meloni, peraltro due leader che reputo inadeguati, e neanche un M5s balcanizzato, scosso dalle eterne diatribe tra Conte e Di Maio. Certo che i principali partiti, quelli che sventolavano il cappio in Parlamento e quelli che il Parlamento dovevano aprirlo come una scatoletta di tonno, si trovino a vivere certe dinamiche, a tratti grottesche e surreali, deve far riflettere. Spesso il compito della politica è impietoso, bisogna sempre fare i conti con la realtà e non specchiarsi con i propri desideri».

Teme ripercussioni nella maggioranza di governo?

<C`è una tendenza che va avanti dai primi mesi, ovvero la Lega che si smarca da alcuni provvedimenti, con la testa nei sondaggi più che al governo del Paese. Questa tendenza, come abbiamo visto nei giorni scorsi, rischia di acuirsi. I prossimi sono mesi delicatissimi per l`Italia, Salvini deve decidersi finalmente su cosa fare da grande: o la “rivoluzione” con la Meloni o il costruttore in positivo con la maggioranza che sostiene Draghi. Detto questo, credo e mi auguro che il governo arrivi a fine legislatura. E come ho detto altre volte mi auguro che Draghi ci sia anche dopo il `23».

Un errore puntare solo su Conte e solo i grillini in generale?

«Credo ci sia un`unica ricetta che coincide sia per l`Italia che ha il diritto di essere integralmente rappresentata, sia per il bene delle forze politiche: si chiama proporzionale. Ognuno lavori sulla propria identità e misuri il proprio consenso, non vedo alternative, In ogni caso, vista la situazione, tutte le alleanze che si potrebbero mettere in piedi, sarebbero raccogliticce ed in prospettiva senza tenuta, come purtroppo ben si è visto proprio sul voto per il Quirinale».

Molti nel Pd temono Conte in avvicinamento verso Salvini: o sono paure infondate?

Il tema, seguendo le notizie, è un altro. Ci sarà il simbolo del M5S?

<E chi lo rappresenterà e sulla base di quali parole d`ordine? Ad una forza istituzionale europeista ed aggiungo leale, io lascerei comunque sempre la porta aperta».

 Conviene, quindi, che il Pd inizi a dialogare con i centristi?

«E un`area politica che va attentamente osservata, in molti casi è composta da nostri naturali compagni di viaggio, anche in Europa. Con un accordo chiaro, tra persone perbene, per me sarebbero da considerarsi senza dubbio alleati. Tanto più se ci fosse il rischio, di tornare a votare nel `23 con il Rosatellum. Le giornate che hanno preceduto l`elezione di Mattarella hanno dimostrato che con il centro si può aprire un dialogo fattivo e concreto».

Cosa serve al governo? Un rimpasto una nuova agenda?

«Il governo ha ministri molto autorevoli che hanno dimostrato in questi mesi di reggere bene le inevitabili tensioni che si sono registrate. L`agenda già c`è: la messa a terra del Pnrr e le riforme, prima delle quali la legge elettorale. il rimpasto comunque è una cosa che attiene al Presidente del Consiglio, è sempre lui a valutare, e per me Draghi è pure un buon giudice».

Non serve un congresso Pd dopo il voto del Quirinale?

«Lo dico, pare inascoltato, da mesi. L`ultimo congresso si è tenuto un secolo fa, per là quantità e la qualità delle cose che sono successe nel frattempo. lo poi sono un politico con radici nel secolo scorso, penso ad un congresso in carne ed ossa, con le persone che votano nei gazebo e con i delegati che scelgono in sala, non mi accontento delle Agorà, Non serve solo sistemare qualche casella o pesare qualche proposta. Serve riscoprire l`entusiasmo del popolo democratico. E l`arma in più che solo il nostro partito può vantare. Non releghiamolo a un paio di clic».


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