«Siamo passati dalla vocazione maggioritaria a quella minoritaria: il Pd recuperi un ruolo propulsivo ed attivo», ragiona Andrea Marcucci. senatore democrat della corrente di Base riformista. un po` critico verso il suo segretario riferendosi alle manovre per il voto del Quirinale: «Non basta incontrare Speranza e Conte ma così rimaniamo minoranza: serve allargare».
Incontro a tre, tra Letta, Speranza e Conte. Che effetto le fa? Ma il suo partito non sta spostando troppo l`asse a sinistra sulla scelta del Quirinale?

«Niente da dire sugli incontri di Letta, in fondo, ognuno incontra chi vuole, vorrei solo che il segretario dem decidesse di scendere in campo e di giocare la partita con più coraggio. Il Pd ha fatto della responsabilità la sua ragione sociale, non possiamo stare sempre sulle tribune ad osservare i moduli degli altri. Va bene incontrare Conte e Speranza per carità. ma con Conte e Speranza restiamo una minoranza dei grandi elettori. Serve parlare con tutti ed allargare i confini».

Rimane sempre convinto che Draghi debba rimanere dove è altrimenti questa maggioranza va in frantumi? Glielo chiedo perché in queste ore i rumors danno base riformista, o almeno una parte. convinta che l`ex presidente Bce sia l`unico nome giusto dopo Mattarella.

«Sono tra coloro che vedrebbero il presidente del Consiglio in carica, anche dopo le elezioni del `23. Dopodiché se l`unica soluzione praticabile fosse quella di Mario Draghi è chiaro che il Pd dovrebbe sostenerla con forza. Serve un patto di legislatura con un programma di governo in 3 punti: lotta alla pandemia. Pnrr e legge elettorale. Però mi lasci dire: Draghi non è stato il fallimento della politica, ma l`esatto opposto. La politica non fallisce se mette le persone giuste al posto giusto. Il posto giusto per Draghi è Palazzo Chigi».

Pochi giorni fa, spiegava che in questa partita complicata per il Colle il suo partito gioca troppo di rimessa. Perché?

«Non possiamo essere spettatori proprio perché il Pd è ed è stato il motore principale degli ultimi due governi. Dobbiamo recuperare in questi ultimi giorni un ruolo propulsivo ed attivo. Non possiamo essere quelli che sono passati dalla vocazione maggioritaria a quella minoritaria. Detto questo, condivido il muro posto da Letta contro la candidatura di parte del leader di Forza Italia».

L`ipotesi Berlusconi sembra tramontata. È d`accordo?

«Berlusconi non ha alcuna possibilità di raggiungere il quorum di 505 voti. Prima se ne accorge e meglio è. Io giudico la sua implicita candidatura come legittima, ma assolutamente inopportuna. I numerici dicono che il prossimo capo dello Stato dovrà essere un nome condiviso tra centrodestra e centrosinistra e Berlusconi ovviamente non lo è. Non commettiamo l`errore di inseguire bandiere del passato, stiamo scegliendo la carica più alta dello Stato. Oltre che condiviso il nome deve essere il migliore. Non sí gioca al ribasso sul Quirinale. Su questo spero ci sia uno scatto di responsabilità da parte di tutti».

Ma allora a questo punto non sarebbe il caso che sia il centrosinistra a fare la prima mossa? O bisogna aspettare sempre il primo passo del centrodestra?

<Speriamo che le ultime ore della vigilia portino buoni consigli. Le ripeto, la parola chiave del prossimo voto è insieme. Dobbiamo candidare una personalità che sia realmente sopra le parti, partendo dalla maggioranza di governo. Con le stesse qualità dell`attuale inquilino del Colle, Sergio Mattarella, i cui sette anni di presidenza, sono stati encomiabili».

Serve un presidente super partes: pensa che ci siano profili adatti che possa esprimere il centrodestra? Voterebbe un loro nome?

«Ce ne sono molti in grado di tenere uniti entrambi gli schieramenti e anche di assicurare una proficua conclusione del la legislatura. Non faccio nomi per non bruciarli ma mi creda, le personalità non mancano. Tra queste, naturalmente molte donne».


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