– «Se D`Alema e la “ditta” devono tornare nel Pd facciamolo decidere ai militanti: facciamo il congresso». Andrea Marcucci, ex capogruppo del Pd, considerato tuttora una quinta colonna del renzismo nelle file dem, non gradisce una prospettiva che «apre solo da una parte». Dice: «D`Alema di “malattie” politiche ne ha provocate tante e Articolo 1 è stata una avventura fallimentare. Che ora ci insegni come si fa, anche no».

Senatore, a lei quindi dispiace il ritorno di D`Alema nel Pd?

«Ho detto in tempi non sospetti, torni il Pd della vocazione maggioritaria, con D`Alema ma anche con uguale apertura all`area liberale e riformista. Chiedo a Letta di non assecondare questa scelta in silenzio, facciamo decidere i nostri sostenitori, con un congresso. La prima reazione del segretario, voglio dirlo perché non accade spesso, mi è molto piaciuta. Ora aspetto dopo l`elezione del capo dello Stato, la convocazione di un congresso del Pd».

Teme che la “ditta” bersaniana sia più un danno che un guadagno per voi Dem?

«Gli elettori non hanno mai amato un Pd troppo spostato a sinistra, più simile ai Ds o Pds. Il Pd o è quello del Lingotto, o semplicemente torna ad essere una riedizione del passato, che ha poco senso».

C`è un certo rancore in questa discussione, non crede? Da parte di tutti i protagonisti, anche da parte sua?

«Nelle dichiarazioni di Massimo D`Alema, il solito sconfittismo del passato. Se decidi di tornare sui tuoi passi, sarebbe auspicabile un po` più di sobrietà, sei pur sempre reduce da un`avventura politica fallimentare come è stata Articolo 1. Va bene tutto, ma che ci insegni come si fa, anche no. Per quanto mi riguarda, non sono rancoroso di carattere, purché ci sia un serio ripensamento».

Ma il renzismo è stato una malattia da cui ora il Pd è guarito?

«Già definire una malattia una stagione politica, che fu decisa da primarie molto partecipate, è un gravissimo errore ed una indelicatezza verso chi è malato per davvero. Io rivendico quella stagione, che ci portò al 40% e ci fece approvare leggi fondamentali. Vorrei tranquillizzare gli amici di Articolo 1, non sono un pentito, resto orgoglioso anche di quel Pd».

Però le Agorà volute da Letta sono un progetto di allargamento del partito, in cui era previsto il ricongiungimento con Articolo 1.

«E allora non si abbia ancora paura: i nostri “proprietari”, cioè gli elettori del Pd, ascoltati una vita politica fa, decidano le nostre alleanze e la nostra linea».

Se D`Alema, Bersani, Speranza tornano, lei cosa fa? Lascia?

«Ma non ci penso neanche! Io sono un socio fondatore e per me la ricetta resta quella del Lingotto. Il Pd deve rimanere il Pd, punto di incontro di varie sensibilità. Lo ripeto: uno sbilanciamento a sinistra sarebbe comunque sconfitto nelle urne, come è successo in passato».

Ma ha provato a convincere Renzi a ricucire lo strappo col Pd?

«Il Pd deve liberarsi nel bene e nel male dell`incubo di Renzi. Matteo ha fatto tante cose positive ed anche molti errori, non è la bestia nera e neanche la soluzione di tutti i mali. Pensiamo al futuro, io spero che nell`alleanza elettorale, con il Pd ci sia l`area liberai democratica».

Vuole un congresso anticipato, perché?

«L`ultimo congresso del Pd sancì la sacra e giustissima opposizione ai 5Stelle ed al primo governo Conte. Direi che acqua sotto i ponti ne è passata fin troppa. Letta non si faccia bastare le Agorà, serve un congresso vero, prima delle elezioni. Senza fare la Cassandra, un congresso prima delle elezioni, ci eviterebbe il rischio concreto di perderle».


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