Mio fratello Sandro è stato a lungo dirigente penitenziario, perciò conosco di carceri quali luoghi ove lo Stato si misura con le proprie leggi non solo securitarie, ma anche di welfare, di cultura, di salute, per cui la proposta di Sbriglia, con la sua esperienza, coniugata con il Cesp, nella persona del professor De Rossi, e sostenuta dal Il Dubbio, con il direttore Davide Vari, non mi sorprende, perché sono decenni che il nostro sistema penitenziario risulta comatoso. Ricordo una vicenda giudiziaria degli anni 90, conclusasi in modo favorevole verso mio fratello, “colpevole”, agli occhi di alcuni, di interpretare correttamente l`Ordinamento Penitenziario e la Carta Costituzionale, quando dirigeva la Colonia Agricola di Is Arenas, 2700 ettari di terreno che andava dalla collina fino al mare, e che aveva trasformato in una Comunità di operatori penitenziari e di persone detenute che lavoravano fianco a fianco, riqualificando quel “non luogo” in un contenitore di sperimentazione sociale, nonostante si comprendesse fin d`allora di come si preferisse un sistema “altro”, a mente delle carceri di massima sicurezza; “L`Unità” dell`epoca scriveva, che “tutto deve restare così com`è”. Già in quel tempo si preferiva la gestione monolitica, con al suo vertice dei magistrati, essi sì davvero “migrati” dalle aule di giustizia, per andare a svolgere compiti di alta amministrazione del potere esecutivo, con le conseguenze che oggi constatiamo. Non si tratta di esprimere un giudizio di valore verso gli innumerevoli capi del Dap che si sono avvicendati negli ultimi 30 o 40 anni; solo in questa legislatura già tre (Basentini, Petralia, Renoldi), mentre nella precedente almeno due (Tamburino e Consolo): ben cinque in nemmeno otto anni. Sicuramente erano, sono, magistrati di alto livello, ma non possono essere considerati dei manager pubblici, per quanto possano, genuinamente, avere sentito la fascinazione del fare amministrativo piuttosto che della giurisdizione. Pensate anche al disagio di tanti loro colleghi, che potrebbero essere stati psicologicamente “impediti” a osservare con piglio “giudiziario” le carceri in questi 40-50 anni, non solo perché quasi sempre si preferivano a capo del Dap dei pm, ma anche perché le scelte dei guardasigilli dovevano scontare il consenso del Csm. Il solo sollevare dei dubbi sulle
obiettive capacità, o imputare ai magistrati fuori ruolo gli insuccessi del sistema penitenziario, avrebbe verosimilmente potuto determinare conflitti in un contesto che, come siamo costretti a leggere e conoscere negli ultimi tempi, si era adattato a logiche correntizie, seppure a fin di bene per scegliere i “migliori”. Altrimenti sarebbe inspiegabile come mai, di fronte a scenari così devastanti nei luoghi dove solo lo Stato può esercitare legittimamente la sua influenza, le cose andassero e vadano così male. Se poi penso alla mia Sardegna, dove si percepisce il disagio della mancata continuità territoriale con il continente, e dove pure l`attuale capo del Dap, Carlo Renoldi ha operato come magistrato di Sorveglianza, mi chiedo cosa si sia fatto per modificare lo stato pietoso delle nostre prigioni insulari e assicurare il livello di legalità, e quindi di rispetto dei principi ordinamentali e costituzionali, nei confronti delle persone detenute ospitate nelle carceri sarde. Come si è potuta giustificare la continua deportazione di detenuti da altre zone d`Italia, privi di radicamento nella nostra regione, oppure il numero altissimo di prigionieri costretti all`ozio permanente effettivo pure nelle carceri, o la qualità deficitaria dei servizi sanitari, compresa quella rivolta ai soggetti psichiatrici, o la inadeguatezza delle strutture, indicate come “nuove”, dove nemmeno l`acqua potabile sembrerebbe essere garantita o dove i miasmi provenienti da aziende che lavorano le carcasse animali ne impestano l`aria? Possibile che vi siano mai stati dei deficit di programmazione e pianificazione per le carceri insulari, dove perfino i direttori, che dovrebbero guidarle, sono oramai ridotti a poche dita di una sola mano, con sedi sempre vacanti ? No, la proposta di Sbriglia non è scandalosa, ma è la conseguenza di una criticità antica che deve essere sanata, conferendo piena responsabilità di gestione non ad un ministero ma a tutta la compagine governativa e, da qui, alla presidenza del Consiglio. L`auspicio è che il presidente Draghi recepisca l`esortazione. A tal proposito, trasferire il Dap, come alcune organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria vorrebbero, presso il Ministero dell`Interno, significherebbe ancora una volta parcellizzare le responsabilità di gestione accumulate, mentre si richiede una regia sistemica, consentendo contemporaneamente alla magistratura di rientrare nei propri naturali compiti, costituzionalmente imposti.


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