I referendum sulla giustizia voluti dalla Lega sono naufragati. Ma ci sono temi – come la responsabilità degli amministratori locali – su cui il segretario del Pd Enrico Letta aveva promesso, alla vigilia della consultazione, un`azione rapida in direzione di una modifica chirurgica della legge Severino, tanto più che nel novembre scorso è stato depositato dal Pd, in Senato e alla Camera, un ddl che si propone di intervenire sulla materia (primi firmatari al Senato sono Dario Panini, presidente della commissione Affari costituzionali, Anna Rossomando, vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia del partito, Franco Mirabelli, vice presidente dem e capogruppo in commissione Giustizia; mentre alla Camera il ddl porta le firme di Andrea Giorgis, coordinatore del Comitato riforme istituzionali del partito, e i capigruppo in commissione Giustizia e Affari costituzionali Alfredo Bazoli e Stefano Ceccanti). Contenuto: non più sospensione automatica per gli amministratori regionali e locali che riportano condanne non definitive, a meno che non si tratti di condanne per reati gravi e di particolare allarme sociale tra i quali la corruzione, la concussione e i delitti legati alle mafie. L`intento era anche quello di accogliere i desiderata di tanti sindaci, viste le situazioni paradossali verificatesi nei nove anni dall`entrata in vigore della legge. “La proposta”, dicevano allora i firmatari, “mira a realizzare un diverso bilanciamento tra le esigenze della lotta all`illegalità e quelle della salvaguardia della stabilità ed efficienza delle pubbliche amministrazioni” e “si pone in antitesi con l`approccio seguito dai promotori del referendum in materia di giustizia, un approccio che risulta del tutto non condivisibile poiché fondato su una linea di abrogazione indiscriminata delle norme”. Ora però, se vuole agire in fretta in Aula, come chiesto appunto da molti amministratori locali, il
Pd deve guardare anche alla Lega: non sarebbe il caso di coinvolgerla per portarla a collaborare in Parlamento sulle modifiche possibili alla legge, visto che il tema della ingovernabilità sui territori causa paralisi tribunalizia stava tanto a cuore a Matteo Salvini? “Per mesi”, dice il senatore e primo firmatari o Dario Parrini, “col pretesto che non si poteva intervenire prima della celebrazione del referendum sul punto, la Lega ha impedito, in Commissione giustizia, complice anche l`affollarsi di altri temi delicati, l`avanzamento del ddl, presentato il 24 novembre scorso. Adesso penso sia venuta l`ora di rimettere mano alla cosa. La mia proposta è cosi ragionevole e equilibrata da poter ottenere vasto consenso”. Nel dettaglio, dice Parrini, `il ddl 2461 – che vede come secondi e terzi firmatari in Senato Franco Mirabelli e Anna Rossomando – dice chiaramente che va eliminata la sospensione dalla carica per condanne non de- finitive. E` ingiusta e di dubbia costituzionalità, salvo che non si sia in presenza di reati di grande allarme sociale. Non va incrinato il principio che chi ha una condanna definitiva per reati severamente puniti dalla legge debba decadere se ricopre una carica elettiva pubblica e non essere candidabile per un certo numero di anni dopo la condanna”. Il tema è sentito, ma il referendum non ha fatto breccia. “Il motivo del fallimento sta in questo: non ci si taglia un braccio se si ha male a un dito né si butta giù tutta la casa se c`è un pezzo di tetto da risanare. Fuor di metafora: il referendum risolveva un problema – la sospensione – e ne creava uno più grosso, l`intoccabilità dei condannati definitivi. Una cosa sbagliata. Del resto il referendum ha questo limite strutturale: è `rozzo`, non adoperabile per azioni chirurgiche”. Si vedrà in futuro se il ddl targato Pd otterrà davvero consensi trasversali.


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