Nel volume “La grande regressione” pubblicato da Feltrinelli, compare, accanto ad altre autorevoli riflessioni sul tempo difficile che stiamo vivendo, una simpatica lettera indirizzata idealmente al Presidente Juncker da parte di David Van Reybrouck che apre così:
Caro presidente Juncker, l’Unione europea potrebbe presto giungere al capolinea. I referendum sulla uscita, l’ascesa del populismo, la trasformazione della alleanza transatlantica, le nuove ambizioni imperiali della confinante Russia, la crisi dei rifugiati, la perdita generale di fiducia nella classe dirigente politica hanno provocato un rapido indebolimento di quella che sembrava una forma solida e inclusiva di organizzazione della vita pubblica.
L’autore svolge una ampia riflessione puntando il dito sulla lentezza di reazione della UE: “viaggiamo con carrozze del Settecento in mezzo al frastuono delle autostrade intasate del ventuesimo secolo”. Concordo con lui: siamo in forte ritardo e non basta invocare lo straordinario successo di aver garantito pace e prosperità negli ultimi settanta anni.
Un ritardo causato, va detto con più forza, innanzitutto dal dominio intergovernativo che si è rivelato la palla al piede di quasi tutte le decisioni che andavano prese per dare risposta alla crisi economica e finanziaria, alla crisi sociale, al tema dei migranti e dei rifugiati. La dimensione intergovernativa impregnata di smisurati egoismi nazionali ha soppiantato il profilo comunitario, l’essere la UE una unione di stati e di cittadini.
I cittadini, questo è il punto!
Nella maggior parte vessati dalle politiche di austerità e dalla scarsezza di investimenti pubblici a sostegno dei beni comuni europei, delusi dal surclassamento della unica istituzione comunitaria eletta direttamente da loro (il Parlamento EU), disorientati dalla violenza della globalizzazione non accompagnata dalla autorevolezza della politica. È da loro che dobbiamo tornare se vogliamo impedire l’esito drammatico del disfacimento della Unione Europea.
Van Reybrouck propone a Juncker:
“convoca una assemblea di cittadini in ogni Stato membro e chiamali a confrontarsi sulle principali questioni della loro vita quotidiana e a dare ai decisori politici una serie di proposte che siano alla base del prossimo appuntamento elettorale europeo del maggio 2019”.
L’idea non è diversa da quella enunciata dal presidente Macron di Consultazioni Cittadine sulla Europa realizzate già in molti Paesi europei e non solo in Francia. Io non sono un “macronista” ma un socialista che trova sintonia con chi, in questo caso Macron e altri, vogliono riportare al centro del progetto e della crisi del progetto europeo le persone.
Cosa si sta facendo su questo terreno in Italia?
Possono darci il presidente Conte e il ministro Savona una idea di come intendono organizzare queste consultazioni aperte anche in Italia?
Io credo che la risposta a questa domanda interessi molto non solo a chi scrive ma a tutte le organizzazioni e associazioni europeiste o federaliste e a tantissimi cittadini che vogliono dire la loro per smuovere la palude delle non decisioni, per indicare le loro priorità e su queste legare le loro scelte alle prossime elezioni europee.


Ne Parlano